In questa sezione potrai trovare notizie di attualità del tennis e ultime dai campi di gioco in occasione dei principali tornei
Con la finale del Master disputatasi qualche giorno orsono è andata in archivio la stagione 2015-2016 del circuito ATP: come sappiamo, Murray, dominatore da Wimbledon in poi, ha sconfitto la nemesi Nole Djokovic in finale, conquistando il titolo di Maestro e, conseguentemente, consolidando la prima posizione in classifica, ottenuta proprio una settimana prima a discapito del rivale serbo.
Gli impegni dell’infinito calendario ATP si sono così conclusi. Gli appuntamenti appannaggio dell’ITF – la Federazione Internazionale Tennis che tra le altre cose organizza e gestisce i quattro tornei del Grande Slam – invece, si esauriranno con la finale di Davis Cup che aprirà i battenti con le prime sfide in singolare venerdì 25 novembre. La sede in cui si disputerà l’ultimo atto della più antica manifestazione a squadre nazionali di ogni disciplina sportiva è la Zagreb Arena, palcoscenico che vedrà opporsi da un lato della rete la squadra di casa, la Croazia, e dall’altro la squadra ospite, l’Argentina. Un catino, il palazzetto della capitale croata, che nel prossimo fine settimana conterrà 15.000 persone, tale è il numero dei fortunati che si sono impossessati dei biglietti venduti in poco meno di due ore, sold out degno dei Coldplay...
VI saranno, eccome se vi saranno, anche numerosi aficionados albiceleste che avranno il compito di supportare la Selecciòn in terra croata. Una squadra, quella sudamericana, capitanata dal selezionatore Daniel Orsanic che, proprio alla vigilia della spedizione in Croazia ha inviato un esposto formale all’ITF. Motivo? Testare la regolarità della superficie scelta dal pari ruolo croato Zeljko Krajan, a suo dire troppo rapida per poter essere ritenuta omologata. Certo, le solite schermaglie tipiche di un incontro di Davis, anche se sicuramente questa situazione ci darà lo spunto per alcune riflessioni che faremo in seguito. Ma andiamo con ordine, incominciando a parlare dei protagonisti che solcheranno il sintetico indoor di Zagabria.
Gli ospiti si presentano al gran completo con l’imponente figura di Juan Martin Del Potro a guidare una formazione solida ma non di grandi valori, ad eccezione proprio l’ex campione degli US Open 2009, composta da Federico Delbonis, Guido Pella e Leonardo Mayer, tutti giocatori che stazionano oltre la quarantesima posizione del ranking mondiale. Argentina che è giunta in finale dopo aver battuto nei quarti l’Italia a Pesaro e in semifinale la Gran Bretagna addirittura nel feudo di Murray, in Scozia.
La formazione di casa della Croazia, favorita non solo per il fatto di giocare davanti al proprio pubblico, guidata dal capitano Zeljko Karajan è composta dal numero 6 del mondo Marin Cilic, dal rientrante Ivo Karlovic, da Ivan Dodig e, anche se probabilmente solo per onor di firma, dal giovane e convalescente Borna Coric. I croati hanno avuto accesso alla fase finale dopo le vittorie nei quarti contro gli USA e in semifinale contro la Francia, entrambe per 3-2 ma con andamento decisamente diverso.
Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati con l’Argentina, ovvero l’impresa contro Murray & co. Una vittoria inaspettata quella della Selecciòn, dipanatasi dopo la strabiliante performance nel primo match di Del Potro contro il beniamino di casa, Murray, ora numero uno del mondo. Il successo in terra britannica può dire molto anche in previsione della finale. Innanzitutto, ed è ovvio, la condizione fisica di Del Potro, forse l’unico fuoriclasse di questa finale di Davis.
Delpo è privo di partite ufficiali dalla sconfitta di Basilea contro Nishikori e, in questo tempo si è dedicato unicamente alla preparazione in vista dell’appuntamento di Davis. Se l’Argentina volesse quantomeno avere velleità di vittoria non può rinunciare al triplice impegno di Palito, i due singoli e anche il doppio; certo, molto dipenderà dal risultato della prima giornata, ma la sensazione è che il gigante di Tandil sarà costretto agli straordinari. La formula che prevede match tre su cinque non aiuterà il recupero dell’argentino, cosa che puntualmente è accaduta in Gran Bretagna dove, dopo la maratona contro Murray e il doppio del giorno seguente, Del Potro non fu in condizione di scendere in campo nel terzo giorno. Le altre due chiavi per i sudamericani sono indissolubilmente intrecciate con il proprio leader maximo: lo scarso valore del doppio a cospetto del temibile doppio croato e l’assenza di una solida seconda punta alle spalle di Delpo. Il sabato, giorno dedicato al doppio, potrebbe essere l’ago della bilancia in questa finale dove la compagine argentina non presenta né specialisti, come Dodig dall’altra parte, né giocatori avvezzi a tale pratica: ai nastri di partenza la coppia scelta dal capitano dovrebbe essere quella più solida composta dai due veterani, Del Potro e Mayer (già sconfitti dai fenomenali fratelli Murray) che presumibilmente dovranno vedersela con Dodig e Cilic.
Infine, come sempre in ogni incontro di Coppa Davis che si rispetti, sarà fondamentale l’apporto del singolarista alle spalle di Del Potro. I dubbi su chi ricoprirà tale ruolo non sono ancora stati sciolti: vediamo a chi si affiderà il capitano Orsanic, se all’esperienza di Mayer oppure se ad uno tra i due mancini Pella e Delbonis: insomma, gran parte, se non tutto, il peso della spedizione biancoceleste sulle coste balcaniche graverà sulle spalle possenti di Del Potro, il quale dovrà adattarsi rapidamente ad una superficie molto rapida, non semplice da gestire per un giocatore alto, abituato ad ampie aperture che avrà poco tempo per reagire ai colpi provenienti dalla direzione opposta. Al di là di questioni puramente tattiche, l’intera Argentina, se vorrà portarsi a casa la prima Insalatiera della storia (sconfitte nel 1981, 2006, 2008, 2011) dovrà stare, come diceva Bernardo di Chartres, sulle spalle dei giganti, anche se forse ne basterà uno solo in questo caso, il gigante di Tandil, Juan Martin Del Potro.
La Croazia, almeno per i bookmakers, sembra essere la logica favorita della vigilia; il prossimo weekend parteciperà alla sua seconda finale della storia dopo l’incredibile cavalcata del 2005 quando, grazie alle gesta di Ljubicic e Ancic, sconfissero nell’atto finale di Bratislava la sorprendente Slovacchia di Hrbaty.
Una Croazia che schiera nei due singolari Marin Cilic, reduce dalla prima partecipazione al Master di fine anno (peraltro con una sola vittoria contro Nishikori già qualificato) e Ivo Karlovic. Proprio il trentasettenne bombardiere torna a giocare un match di Davis – e che match! – dopo quattro anni di assenza dalla competizione. Il capitano Karajan, infatti, si era dovuto appellare al giocatore attualmente numero 20 al mondo dopo l’operazione al ginocchio occorsa a Borna Coric nel mese di settembre.
A detta dello stesso Karlovic, l’assenza di Coric – che però ha recuperato, a suo dire, brillantemente dall’operazione ed è già arruolabile per la finale di Zagabria – indebolirà la squadra che, gioco forza dovrà far maggiormente leva sui sulle prestazioni di Cilic e sul doppio, vera arma a disposizione dei balcanici vista la presenza dello specialista Ivan Dodig. La partita di sabato, a bocce ferme, dovrebbe essere senza storia per i croati visto il ruolino di marcia che hanno tenuto quest’anno: vittoria contro i Bryan in quarti di finale e vittoria contro Mahut-Herbert in semifinale, due coppie da Master di specialità. Detto del doppio, i singolari paiono maggiormente un’incognita anche se la rapidità estrema della superficie dovrebbe favorire il gioco dei croati, specialmente di Karlovic che detiene tuttora il record di ace scagliati in una singola partita di Davis, 78 contro Stepanek nel 2009, e che dovrebbe capitalizzare al massimo la propria ingiocabilità al servizio. L’altro singolarista, Marin Cilic, ha visto la propria stagione svoltare in concomitanza dell’approdo sul cemento americano in estate: da quel momento in poi, numeri alla mano, è stato l’unico giocatore ad avere risultati quantomeno avvicinabili a quelli di Murray che gli hanno permesso di approdare alle ATP Finals.
Ha pure cambiato coach, Cilic, iniziando una collaborazione che sembra decisamente fruttuosa con lo svedese Bjorkman.
Insomma, a quanto pare tutto sembra far pendere la bilancia a favore della squadra di casa: superfice, tifosi, doppio, forma fisica. Eppure, il cuore argentino, il sentimiento argentino come dicono da quelle parti, non sarà facile da scalfire e da domare: un attaccamento alla maglia e alla propria gente che non ha eguali nel mondo dello sport. Una sfida tutta da vivere, con grande pathos e trasporto emotivo, come solo una finale di Coppa Davis può fare.
Dulcis in fundo.
Non poteva esserci epilogo migliore e avvincente per questo 2016 tennistico.
Ultimo torneo, ultimo match, titolo di Maestro dei Maestri e numero 1 al mondo in palio per il vincitore. Di fronte, ovviamente, i primi 2 della classe, i dominatori della stagione: Andy Murray e Novak Djokovic. Impossibile pensare potesse succedere solo qualche mese fa. Stasera invece è realtà; poche volte una sola partita ha avuto un’ importanza così rilevante all’interno di una singola stagione come quella di scena alla O2 Arena di Londra davanti a 17000 spettatori.
Murray e Djokovic, Djokovic e Murray; che barba! che noia! avrebbe detto (senza crederci troppo) scalciando sotto le coperte l’indimenticabile coppia Vianello-Mondaini. Sempre loro, dall’inizio dell’anno sempre e comunque loro due. Non che si siano affrontati tantissime volte, 5 contro le 7 dello scorso anno, ma uno dei due se non entrambi hanno sempre raggiunto le fasi finali dei tornei ai quali hanno partecipato chiudendo già in partenza le velleità di successo degli altri giocatori del circuito.
Durante la stagione hanno partecipato entrambi contemporaneamente a 13 tornei: i 4 Slam, le Olimpiadi, Il Master di Londra e 7 Master 1000. In 11 casi è stato uno di loro due a trionfare e soltanto a MonteCarlo nessuno dei due era presente in finale. L’altro torneo che ha visto trionfare un giocatore diverso è stato lo US Open vinto da Wawrinka. Insomma un dominio assoluto.
All’interno di questa dittatura va però fatta una separazione netta, quasi chirurgica che prende il nome di Roland Garros. Il giorno della finale vinta dal serbo ha rappresentato lo spartiacque della stagione; è stato il punto più alto della stagione e forse della carriera di Nole, ma allo stesso tempo l’inizio della sua discesa. Per Andy è stato forse il giorno più frustrante con la quinta sconfitta consecutiva in uno Slam contro il rivale serbo, ma anche l’inizio di una rincorsa incredibile, impronosticabile e forse per questo ancor più bella. Con la vittoria parigina Djoko salì a 45-3 ( da li in poi sarà soltanto 18-6) nel computo vittorie-sconfitte e per lui si preannunciavano risultati strabilianti, storici, Più d’uno paventò il Grande Slam, ma le cose (ricorda per certi versi la storia di Serena Williams nel 2015/16) precipitarono e chissà, se proprio a causa di questi pensieri. Per il suo antagonista scozzese invece, l’andamento fu esattamente opposto. 23-6 il bilancio all’epoca del secondo Slam dell’anno, un pazzesco 52-3 da quel momento in poi con 8 tornei vinti, una finale ed una semifinale. Non solo, gli ultimi 5 tornei disputati sono stati tutti vinti con una striscia ancora aperta di 25 vittorie consecutive.
Questo brevissimo sunto stagionale amplifica chiaramente un concetto: mai finale del Master è stata più “giusta” e decisiva di quella odierna.
Murray la gioca per la prima volta e per la prima volta affronta Djokovic da numero 1 al mondo. Djokovic detiene il titolo da 4 edizioni consecutive (come lui nessuno mai) ma per la prima volta non parte da favorito. In realtà è lo scozzese ad avere tutto da perdere perché in caso di sconfitta perderebbe quel primato in classifica guadagnato solo 14 giorni prima, interromperebbe la sua striscia vincente e darebbe ragione a tutti coloro che non lo ritengono un n°1 all’altezza dei un tale onore.
Pronti via con lo scozzese al servizio e... doppio fallo!! Si poteva iniziare meglio. I maligni già sorridono sotto i baffi ma non hanno fatto i conti con Djokovic. La sua partita è senz’anima, spenta già dalle prime battute e non migliora con il tempo, anzi peggiora continumente. Un unico sussulto, quando è spalle al muro ma nulla di più e soprattutto non sufficiente a rendere incerto il risultato. Sul 4-3 arriva il primo break per Murray. Un break nell’aria già dal game precedente che porta lo scozzese a servire per il primo Set. Reazione di Djokovic? Assente e prima partita britannica 6-3. Chi si aspetta un cambio dell’andamento resta deluso. Immediato break dell’allievo di Lendl e bissa poco dopo. In un Amen anche il secondo Set sembra finito ma ecco una piccola luce alla fine del tunnel. Nole risponde in campo, finalmente!!, prende in mano il comando del gioco e vince per la prima volta nel match 2 giochi consecutivi. Murray però non si scompone più di tanto, va a servire sul 5-4 e dopo 2 match point annullati (anche qua merito a Djokovic che ha giocato alla Djokovic solo nelle situazioni disperate) ottiene la vittoria finale, il titolo di Maestro e il n° 1 in classifica di fine anno.
Complessivamente il match è stato brutto (soprattutto per colpa di Nole) e lascia poco spazio ai numeri, alle statistiche, ai commenti tecnico-tattici. Anzi no un numero lo lascia e lo evidenzia: 30!
30 errori gratuiti. 30 punti regalati dal serbo allo scozzese. 30 colpi (di tutti i tipi, dritto, rovescio, risposta, smash) giocati fuori dal campo o in rete. Nei primi 6 mesi neanche impegnandosi Djokovic avrebbe fatto così tanti errori gratuiti. E non certo per problemi tecnici o di scelta tattica. E non crediamo nemmeno per una carenza atletica, o forse solo un po’. Qualcosa si è inceppato nella mente del giocatore, solo lui e la sua crew sanno (ce lo auguriamo per lui) quale si il fattore scatenante. Una sconfitta? Aspettative troppo alte? Problemi personali? Sta di fatto che non è più lo stesso. Il linguaggio del corpo dice chiaramente che non è più lo stesso. E quando le cose stanno così, in uno sport individuale ad altissima componente psico-cognitiva, tutto il resto non conta più. I colpi, la tecnica, la tattica cedono inesorabilmente il passo.
Detto questo non si vuole assolutamente minimizzare la vittoria di Murray o delegittimarlo del suo valore assoluto di numero 1. Ha dimostrato con grande continuità di valerlo, di meritarlo grazie a scelte oculate anche se difficili (vedi ritorno al suo fianco di Lendl) ed una determinazione invidiabile. Certo, è innegabile che il ragazzo abbia talento, ma non molto di più di altri che arrancano per trovare qualche minuto di notorietà. Ha avuto pazienza, ha saputo aspettare il suo momento e nel frattempo migliorare soprattutto nella gestione strategica ed emotiva delle partite.
Al momento detiene gli allori più prestigiosi per un tennista: Wimbledon, Olimpiadi, Master e Coppa Davis. Trovate un numero 1 migliore???
Siamo giunti al giorno che precede l'atto finale delle ATP Finals di Londra. Quattro nomi rieccheggiano all'interno della O2 Arena: Andy Murray, neo numero uno al mondo, Novak Djokovic, Kei Nishikori e Milos Raonic. I risultati dei gironi McEnroe e Lendl hanno decretato che in semifinale si affronteranno Gran Bretagna e Canada, Serbia e Giappone.
Nonostante Andy e Nole conducano gli H2H coi rispettivi avversari per 8 a 3 e 10 a 2, e possano contare su una gestione decisamente migliore dell'intero torneo fin qui disputato, dovranno dare tutto sul campo per poter superare due avversari ostici come Milos e Kei. Sappiamo bene che chi dei due si spingerà più lontano qui a Londra, sarà incoronato numero uno al mondo. Il pubblico si aspetta una finale nella quale ci si giocherà la Battle for ATP World Tour No. 1!
I primi a scendere in campo sono il britannico Andy Murray e il canadese Milos Raonic. La partita non tradisce le aspettative e i due contendenti inziano subito a dare spettacolo sul rettangolo blu. Andy cerca di lavorare ai fianchi il suo avversario dettando il ritmo da fondo campo, e Milos aggredisce appena può la rete per portarsi a casa il punto.
Lo spartiacque del primo set è l'efficacia con la quale i due giocano i colpi di apertura. Ci si aspetta che le percentuali di Milos superino quelle di Andy al servizio, e che il contrario accadda per quanto concerne la risposta. Sorprendentemente il canadese riesce meglio del suo avversario in entrambi i fondamentali, vincendo più punti sia al servizio che in risposta. Lo scozzese si vede così costretto a correre ai ripari, dovendo difendere ben 5 palle break nel primo set. La quinta è quella decisiva, che Milos porta casa sul 5 pari 15/40. Il primo set si conclude così 7/5 in favore di Raonic.
Nel secondo set, come ci si poteva aspettare, calano le percentuali alla battuta del canadese, tanto da raggiungere quelle dello scozzese (entrambi servono il 58% di prime in campo e vincono circa il 72% dei punti; sulla seconda di servizio Andy porta a casa quasi il 10% dei punti in più rispetto a Milos). Nonostante questo, è ancora Murray a cedere per primo il servizio, concedendo 2 palle break nel terzo gioco. Fortunatamente per il nuovo numero uno al mondo, anche il canadese inizia a tentennare nel suo fondamentale più forte e poco dopo lo scozzese raccoglie le opportunità regalategli dal gigante di origini montenegrine. Il prosieguo del set, a parte qualche spavento per Milos, segue i l'andamento dei servizi fino al tie-break. La tensione inizia a salire. A gestirla meglio è Andy che si aggiudica il parziale per 7/6(5).
Nel terzo set si raggiunge il climax del match. Dal 4 pari è un'alternanza di grande tennis ed errori infantili. La sicurezza con la quale Murray ha condotto il torneo finora sembra svanita tutta di un tratto. Dall'altra parte, Milos sembra incapace di sfruttare le insicurezze dello scozzese, tenendolo a galla con gratuiti gravissimi. I game che precedono il tie-break conclusivo sono caratterizzati da doppi falli, vincenti in corsa, dritti che non raggiungono la metà della rete e grandi chiusure al volo. Sembra diventata una lotteria questa prima semifinale delle ATP Finals di Londra. I due giocatori continuano a dare il meglio e il peggio di loro punto dopo punto, con continue richieste di "no flash photography" da entrambe le parti. Alla fine a spuntarla è lo scozzese, 11 punti a 9. Il sospiro di sollievo a fine match riassume la paura provata negli ultimi istanti di un match che lo ha probabilmente provato più del previsto.
La seconda semifinale vede opposti Novak Djokovic e Kei Nishikori. La partita è un assolo del giocatore serbo. Kei raccoglie appena due game nell'intero match, ed esce dal campo con un bilancio negativo fra vincenti e gratuiti di 14. Nole dal canto suo è sembrato quello di un tempo, pronto a riprendersi il primo posto della classifica mondiale contro Murray. Dopo queste due partite sembra Djokovic il favorito, giunto così alla sua quinta finale a Londra. Sarà cruciale capire come Andy recupererà dal durissimo match contro Milos. Il pubblico scalpita per questa Final Battle!
Le partite in programma oggi sul cemento dell’O2 Arena, hanno decretato i nomi dei primi due giocatori del gruppo McEnroe, completando così il quadro dei semifinalisti di questo Master di Londra.