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Siamo ancora tutti sommersi dalle grandi emozioni regalateci da quella che è già da considerarsi una storica finale tra Federer e Nadal, che ha visto lo svizzero tornare tra i primi 10 giocatori al mondo, nonché impreziosire la sua leggenda con il diciottesimo trofeo dello Slam; tuttavia il tennis non si ferma e questa settimana il circuito WTA ci offre due tappe intermedie, in avvicinamento ai due prossimi grandi eventi di Indian Wells e Miami.
Restaurazione. Ecco la parola d’ordine del primo Slam dell’anno 2017. Infatti come in una moderna Vienna, la città di Melbourne è stata l’epicentro di un ritorno al passato con pochi precedenti. In quindici giorni di tennis a volte molto brillante, sono stati spazzati via i moderni Napoleone. Inoltre, come per incanto, nessuno alla fine ha più parlato degli sconfitti illustri, come se anche la loro memoria fosse stata eliminata dal torneo; tutti si sono concentrati, di nuovo, sugli “antichi” nobili.
L'effluvio, o quanto meno il sentore, di una sfida sopraffina tra gli interpreti maggiormente capaci di permeare la disciplina tennistica a tal punto da renderla un mero sinonimo del loro stesso dualismo, incominciava ad echeggiare, seppur con voce flebile, tra i fruitori oculari della materia già a partire dalla clamorosa capitolazione del numero 1 al mondo Andy Murray negli ottavi di finale contro Mischa Zverev.
Australian Open 2017 ritorno al futuro.
Questo titolo ritrae la fotografia momentanea della situazione, dato che all’appello manca solamente il Rafa di Spagna che domani dovrà affrontare l’ostacolo bulgaro Dimitrov. Una finale femminile tra le sorelle Williams e una maschile tra gli idoli delle folle Federer e Nadal sarebbe il manifesto “perfetto” per il marketing del tennis. Credo che nessuno al mondo, neanche tra gli addetti ai lavori, abbia osato sognare tale scenografia.
Serena ha avuto via libera senza perdere energie, al contrario Venus ha dovuto lottare a fondo per raggiungere la sua seconda finale australiana, la prima fu nel 2003. La minore delle sorelle afroamericane è la favorita nella sfida del prossimo sabato che la proietta alla ricerca del suo ventitreesimo titolo Slam che la porrebbe a una sola distanza da Margaret Court Smith, l’australiana che detiene il primato di vittorie slam “All Time” con ventiquattro titoli in singolare.
Ciononostante il programma odierno ha gli occhi puntati sulla sfida tra gli svizzeri Roger Federer e Stan Wawrinka. Il ritorno sulla scena del re del tennis non poteva essere più folgorante. Roger è parso in forma smaliante, personalmente credo si tratti del più giovane trentaseienne dello sport mondiale. Il suo tennis sublime ha ipnotizzato strada facendo tutti gli avversari. Durante il torneo il fattore che più mi ha impressionato è stata la continuità della sua prestazione che non ha conosciuto pause, correlata a scelte strategico tattiche ineccepibili. Wawrinka dal canto suo a torchiato a dovere i suoi contendenti presentandosi all’appuntamento di semifinale con le carte in regola per raggiungere l'ultimo atto dell'evento.
La partita in avvio mette a fuoco nell’obiettivo di Federer alcune palle break che Roger però non riesce a cogliere. Così l’incontro scivola via in equilibrio fino al cinque pari dove la stabilità viene interrotta da alcune scelte titubanti di Wawrinka che perde il servizio e il set per 7 a 5.
Si riparte. Federer sale in cattedra, ottiene il break decisivo in avvio di secondo set, scappa via e chiude in scioltezza 6 giochi a 3. A questo punto pare che la testa di Wawrinka possa saltare da un momento all’altro e invece è quella di Federer che improvvisamente si spegne sul più bello. Altre volte era successo nella carriera del re, mai in questi Australian Open e quindi terzo set incamerato da “Stan the Man” per 6/1.
Quarto set e la luce non si accende, break a freddo di Stan Wawrinka che si porta avanti uno a zero. Il pubblico ammutolisce, la temperatura a Melbourne Park pare scesa di colpo sotto i zero gradi centigradi. Serve Wawrinka pronto ad affondare le unghie nella preda ora indifesa e invece accade l’imprevisto. Stan si incarta nel peggior turno di battuta del torneo e la caccia gli evapora da sotto al naso.
Or ora una luce tenue riaffiora timidamente e riscalda il cuore di Roger e del pubblico amico. Le corde del magnifico tornano a suonare, non si tratta però di uno spartito sublime, ma comunque sufficiente a rientrare in partita. L’equilibrio scivola fino al quattro pari dove il re concede la grazia con una volèe troppo facile da sbagliare e si inguaia perdendo il servizio. Stan serve per andare al quinto set senza concedere appello, gioco a zero, due set pari ed “è tutto da rifare”, come direbbe il grande Gino Bartali.
Prima dell'inizio del quinto set Federer chiede una pausa, fatto insolito per lo svizzero che al rientro apre l'ultimo atto della commedia mantenendo il proprio turno di battuta. Risponde Wawrinka da copione tenendo anche il proprio servizio e la partita si impatta.
Il gioco prosegue condito da punti spettacolari e da qualche errore. Roger si salva dagli assalti in risposta di Stan con mestiere, ma accetta pericolosamente di parlare il linguaggio del suo avversario che preferisce lo scambio lungo alla sortita a rete, il muscolo all'anticipo. Federer evidentemente, non è più efferfescente come al debutto, ma tiene buttando sul piatto il peso della sua classe.
Nel bel mezzo del set decisivo Stan Wawrinka combina il supremo pasticcio. Un errore gratuito e un doppio fallo consecutivi consentono a Federer il break e l'allungo sul 5 a 2. Serve Wawrinka col peso sul cuore di chi sa di aver perso un'occasione e di aver resuscitato un Federer sulla via del tramonto, ma ciononostante accorcia le distanze sul 5 a 3.
La temperatura sul campo centrale ora è tropicale, serve Federer per raggiungere la finale. Roger controlla le emozioni, si vince e scivola dritto in finale senza concedere un quindici nell'ultimo gioco. La storia, a suo modo, si ripete. Roger Federer, novello Teseo, doma il minotauro Wawrinka per 7/5 6/3 1/6 4/6 6/3.
Ora ad attenderlo c'è la storia nella sua ventottesima finale Slam di singolare e nel possibile diciottesimo titolo.