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Gli Internazionali d'Italia sono un torneo celebre e antico che costituisce da sempre un evento nell'evento. Una manifestazione che mescola tennis e costume fin dai suoi albori. Albori che nulla hanno a che vedere con il Foro Italico e la città di Roma che ha accolto l'idea di un personaggio irripetibile quanto fondamentale per lo sviluppo del movimento del tennis italiano.

Il Conte Alberto Bonacossa è stato un personaggio unico, un autentico appassionato di sport, nonché dirigente sportivo di levatura mondiale. Nei ruggenti anni venti egli fu, tra l’altro, fondatore e presidente della Federazione Italiana Sport del Ghiaccio (FISG) e della Federazione Italiana dello Sci (FIS).

Nel 1929 il Conte si era recato a Parigi ai Campionati Internazionali di Francia e a Londra al torneo di Wimbledon; ne rimase folgorato. Al suo ritorno decise di realizzare una manifestazione tennistica internazionale anche in Italia. La sede scelta per l’iniziativa fu quella del tennis club di famiglia. Sede che si era spostata nel 1923 nella nuova struttura di via Arimondi a Milano.

Dunque, nella primavera del 1930 sui campi in terra battuta di via Arimondi presso il Tennis Club Milano venne realizzata la prima edizione dei Campionati Internazionali d’Italia. Alberto Bonacossa ebbe inoltre l’idea di invitare alla “Prima” il più grande giocatore del mondo, l’americano Bill Tilden.

Nelle finali dei tornei di singolare arrivarono due italiani. Tra gli uomini il barone Umberto De Morpurgo, tra le donne Lucia Valerio.     I giocatori di casa furono entrambi battuti, rispettivamente da Bill Tilden e dalla spagnola Lilì Alvarez. Era iniziata per il tennis italiano la sua più grande avventura.

Il torneo venne disputato a Milano fino al 1934, quando il Duce Benito Mussolini decise di trasferirlo a Roma nella sede del Foro Italico. Il trasloco avvenne di immediato per la gara maschile, mentre quella femminile rimase di casa a Milano.

Dal 1936 al 1949, l’evento fu bloccato per lungo tempo a causa delle problematiche “pre e post” belliche che attanagliavano il paese. Alla ripresa nel 1950, il torneo era ospitato interamente nella sede romana con entrambe le competizioni, maschile e femminile, pronte ai nastri di partenza. Negli uomini prevalse il ceco Jaroslav Drobny, nelle donne l’italiana Annelies Ullstein Bossi.

Da quel preciso momento ad oggi gli “Internazionali” hanno vissuto attimi di magnifico splendore, alcune leggende e diversi campioni si sono succeduti nell’albo d’oro. Un’edizione particolare però fu quella del 1961 perché la competizione fu spostata a Torino per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia.

Nell’occasione il nostro Nicola Pietrangeli colse la vittoria forse più celebre della sua carriera, sul piano puramente tecnico, perché riuscì a battere colui il quale ad oggi non è ancora stato superato, il mitico australiano Rod Laver, il "Signore del Tennis".

Pertanto, verso la fine degli anni sessanta anche gli Internazionali d’Italia, come altri tornei, aprirono all’era Open. Questo fatto consentì al torneo nei successivi anni settanta di vivere una seconda giovinezza, grazie alle gesta di nuovi formidabili interpreti come il rumeno Ilie Nastase e l’argentino Guillermo Vilas.

Tuttavia, la fenomenologia che ha segnato in modo profondo gli accadimenti di quel periodo la si deve sopratutto a due particolari racchette, quella dello svedese Bjorn Borg e quella del campione di casa Adriano Panatta, ultimo vincitore azzurro nel 1976.

In ambito femminile, invece, il medesimo periodo ha visto trionfare figure leggendarie come l'australiana Margaret Court Smith e la californiana Billie Jean King, anche se il predominio sui campi romani spetta a una tennista venuta dalla Florida, l’americana Chris Evert ancor oggi primatista del torneo.

Gli anni ottanta e novanta hanno segnato in seguito una svolta epocale nel tennis mondiale e nel torneo romano, proponendo campioni che hanno trasformato il gioco grazie ai nuovi materiali che hanno sostituito le vecchie racchette di legno. Tra i vincitori più noti in campo maschile ricordiamo Lendl, Wilander, Muster, Courier, Sampras, Kuerten. Mentre tra le signore si ricordano in particolare le affermazioni della nostra Reggi, della Graf, della Sabatini, della Seles, della Martinez, e della Hinghis.

L’inizio del nuovo secolo ha certificato, in ambito femminile, l’avvento delle sorelle Williams. Due giocatrici che hanno sconvolto le dinamiche del tennis in gonnella. Mentre tra gli uomini, vittoria dell'americano Agassi a parte, questo inizio ha proposto l’affermazione del tennis di scuola spagnola. Le vittorie degli alfieri Ferrero, Mantilla e Moya sono state propedeutiche all’avvento del “Manolete” della racchetta, il maiorchino Rafael Nadal.

Nadal ha cannibalizzato il tennis sulla terra battuta come nessuno aveva mai fatto nella storia del gioco, stabilendo dei record che paiono incredibili solo a pronunciarli. Sette vittorie in nove finali disputate sono numeri che si commentano da soli.

Numeri che però nelle ultime stagioni sono stati interrotti dall’incredibile bravura del serbo Novak Djokovic, l’attuale numero uno mondiale. Un campione che ha saputo trovare l’antidoto per frenare lo “Tzunami” maiorchino, elevando ulteriormente il livello di prestazione nella disciplina.

Infine, va detto come nel tennis contemporaneo emerge un quadro d’incertezza a livello femminile che si contrappone a un orizzonte di stabilità in campo maschile, dove i vincitori degli ultimi anni si ripetono con una frequenza che definire monotona è un eufemismo.

In conclusione va ricordato come il Foro Italico, da sempre principale crocevia verso Parigi, avrà anche quest’anno il compito di sciogliere gli ultimi dubbi prima del Roland Garros che assegna il titolo di campione del mondo sui manti rossi più amati dal pianeta tennis.

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