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La psicologia ha contribuito alla crescita culturale e all’evoluzione metodologica nel mondo dello sport, intervenendo in varie aree con diverse finalità, come descritto in “Dal bambino al campione di se stesso” da cui è tratta la seguente figura. Molto spesso, tuttavia, non è riuscita ad inserirsi al suo interno in maniera diffusa e profonda. Sulle cause di tale mancata sinergia si possono avanzare alcune ipotesi: diffidenza o divergenze di vedute tra tecnici e psicologi, motivi economici o culturali, mancanza di tempo (quindi convinzione che altri aspetti siano da privilegiare) o altro ancora. Fatto sta che nel mondo sportivo permane, a nostro avviso, una conoscenza superficiale e approssimativa delle opportunità offerte dall’inserimento al suo interno dei saperi della psicologia.

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La formazione dei tecnici ha sicuramente molta rilevanza nella loro apertura verso la psicologia. Il percorso dell’insegnante impegnato con i bambini ed i livelli più bassi, spesso è meno ricco di esperienze in ambito agonistico di alto livello e maggiormente fondato su conoscenze pedagogiche e culturali, quindi con più propensione, in linea di principio, verso i possibili contributi della psicologia. L’allenatore, ovvero colui il quale si occupa dell’alto livello (spesso anche semplicemente di quello giovanile), invece, ha più spesso una formazione influenzata dalle sue esperienze “di campo” e se queste non hanno incluso la preparazione mentale (cosa probabile appartenendo a generazioni precedenti), possono determinare un suo interesse limitato per questo ambito. Ovviamente non mancano eccezioni, ma questa considerazione, sicuramente senza alcuna pretesa scientifica, può essere utile a spiegare i luoghi comuni ancora imperanti nei confronti della psicologia nello sport.

Per provare a fugare la confusione, oscillante tra il totale scetticismo e le aspettative irraggiungibili, e darne una visione più chiara, ma soprattutto concreta, tratteremo soprattutto le abilità mentali. Anche se ampiamente trattate in letteratura scientifica, queste continuano ad essere troppo poco conosciute in ambito tennistico. Nella nostra esperienza, tecnici e atleti identificano con rapidità e chiarezza abilità di natura tecnica e atletica e hanno cognizioni ed esperienze, più o meno fondate, per potenziarle, mentre per le abilità mentali hanno idee vaghe e discordanti, anche in merito alla possibilità di poterle allenare.
Riteniamo plausibile che tra i nostri lettori vi siano tecnici, giocatori (di differente età, esperienza e livello), genitori di giovani tennisti, molti dei quali praticanti o ex agonisti, ai quali se chiedessimo di identificare le abilità tecniche o atletiche del tennista non avrebbero difficoltà né profonde divergenze di vedute. Ma cosa hanno identificato come “abilità mentali” quando ne abbiamo parlato nelle righe precedenti?

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