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Finale Australian Open 2017: il sogno collettivo di rivedere e testimoniare una presenza congiunta dei due portenti indiscussi della racchetta, trova un risvolto empirico nell’atto conclusivo del primo Slam stagionale, incipit dell’evoluzione postuma a tale evento, nonché microcosmo premonitore della meravigliosa stagione che avremo assistito di lì a breve.

Siamo sul 3-1 in favore di Nadal nel quinto set: una partita stupenda, sintesi emblematica dei loro precedenti capolavori letterari. A questo punto molti fattori lascerebbero presagire una tangibile vittoria del maiorchino: i precedenti (23-10, di cui sei successi su otto confronti diretti in finali Major (Roland Garros 2006, Roland Garros 2007, Roland Garros 2008, Wimbledon 2008, Australian Open 2009, Roland Garros 2011) a favore dell’iberico); il maggior cinismo di Nadal nelle lotte serrate (anche se non sono mancate dal lato suo sconfitte dolorose quali il primo turno degli Australian Open 2016 contro Verdasco (7-6 4-6 3-6 7-6 6-2), il terzo turno degli US Open 2015 contro Fognini (3-6 4-6 6-4 6-3 6-4), il secondo turno di Wimbledon 2012 contro Rosol (6-7 6-4 6-4 2-6 6-4), la finale degli Australian Open 2012 contro Djokovic (5-7 6-4 6-2 6-7 7-5) ecc.) e la sua maggior tenuta fisica nel lungo periodo. Le connotazioni sopraelencate denotano un semplice accumulo di esperienze pregresse, contraddistinte da un’inconscia categorizzazione della realtà, per meglio comprenderne le dinamiche. Quello che non viene sottolineato da queste caratteristiche stereotipate, però, è il fisiologico mutamento emotivo, intrinseco di ciascun individuo, che caratterizza ogni singolo incontro: un banale malessere, una giornata storta oppure particolarmente benevola possono avere ripercussioni diametralmente opposte circa l’esito della partita in proprio favore. In virtù di questa considerazione può succedere che l’inossidabile tenacia di Nadal venga corrosa dalla veemente reazione dell’elvetico e conseguentemente perda i successivi cinque game, consegnando il titolo nelle mani della sua nemesi. Questo match forgerà una nuova tendenza psicologica, praticamente quasi impensabile solo fino a poco tempo prima. Una rivoluzione che si fonda su principi di gioco alternativi e ben delineati: la cosiddetta “bisettrice sinistra”, da sempre archetipo strategico dello spagnolo per via dell’esasperata ferocia originata dal suo indomabile diritto, la cui forza distruttrice si rifletteva sull’inerme lato sinistro dello svizzero, è divenuto improvvisamente il feudo tattico di Federer. La risposta si evidenzia nella maggior sicurezza riscontrata con il rovescio da parte del basilese, il che ha portato a due variazioni determinanti nel proprio gioco da fondo campo: la prima concerne il limitato utilizzo del “back”, probabilmente la causa principale di molti dei suoi mali perché consentiva a Nadal di aggirare il rovescio per poter colpire indisturbato dalla sua mattonella preferita e invertire le redini dello scambio con il dritto, mentre la seconda, invece, è un coerente prodotto del punto precedente, poiché il cospicuo affidamento sul rovescio porta con sé una minore estremizzazione dell’uso del dritto: tale complicazione veniva acuita, in particolar modo sulla terra battuta, dalla costante difficoltà nel riuscire a coprire la porzione di campo lasciata sguarnita dal posizionamento anomalo con il suo fondamentale migliore. L’efferatezza del rovescio ha permesso a Federer, inoltre, di concepire un raggio d’azione più conforme alle peculiarità e precarietà fisiche che lo contraddistinguono allo stato attuale, permettendogli di ridurre le tempistiche di esecuzione alla mera apertura canonica del colpo. L’avanzamento progressivo verso la riga di fondo campo ha consentito all’elvetico di mutuare il medesimo concetto anche in fase di ribattuta. Così come avvenuto nei loro precedenti tre incontri, anche nell’epilogo del Master 1000 di Shanghai Roger è riuscito a replicare una prestazione simile a quelle disputatesi a Melbourne, a Indian Wells e a Miami. Una prima prova viene fornita dall’esempio qui di seguito:

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Di norma il servizio a uscire da sinistra di Nadal costringeva Federer a risposte di rovescio spesso inefficaci che rovinosamente, e quasi sempre, si tramutavano in punti persi. La bravura dello svizzero in questo caso consiste nell’anticipare la traiettoria della pallina grazie ad un passo in avanti propedeutico con il piede destro verso l’orbita della stessa. Essendo Nadal nello stadio di esecuzione finale del servizio, quindi in fase discendente, il precario equilibrio generato dall’impatto anticipato di Federer, determina la successiva inefficacia del suo dritto lungolinea, che viene prontamente punita dal numero 2 al mondo con un bellissimo anticipo di dritto diagonale in campo aperto.

 


Per contrastarne l’incisività seriale in risposta, Nadal ha dovuto variare stabilmente la direzionalità del servizio, soprattutto da sinistra per non rischiare di divenire ridondante e vulnerabile simultaneamente. La soluzione quantitativamente più rilevante è stata quella al corpo, nonostante l’iberico abbia comunque servito il 74% di prime palle ricavandone, però, solo il 62% dei punti. Lo scambio effettuato sul 6-4 4-2 (40-30, servizio Nadal) esemplifica perfettamente questa tesi:

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Il colpo d’inizio gioco diretto al corpo di Federer depaupera quest’ultimo del tempismo necessario per rispondere nella maniera opportuna, concedendo al numero 1 del mondo la possibilità di muovere il gioco rapidamente e prendere la via della rete ostruendo l’ortodossia operativa del suo avversario.

 

In prospettiva sarà più che mai imprescindibile per lo spagnolo rivalutare l’essenzialità del servizio, malgrado il perfezionamento attuato nel corso degli anni, in termini di piazzamento e angolazione del fondamentale, affinché assuma il ruolo di deterrente e risulti, sul piano strettamente funzionale, in un ausilio strategico supplementare. Il maiorchino dovrebbe applicare concettualmente lo stesso criterio perfino per il rovescio: in un momento storico nel quale la lunaticità del dritto rischia di sovvertire la stabilità complessiva del suo già collaudato impianto strategico-tattico, il rovescio potrebbe rappresentare la nuova forza propulsiva per maturare una visione di gioco innovativa o comunque differente. Esattamente come Federer, un affinamento del lato sinistro, non sotto il profilo tecnico perché oramai impossibile da compiersi bensì sotto quello cognitivo unito ad un collocamento proteso verso il perimetro del rettangolo tennistico, creerebbero le premesse valide per una riproposizione dell’ideale tattico originario, filtrato e depurato dei classici punti di riferimento introiettati da molti dei concorrenti sul circuito. Sicuramente, considerate le gestualità pronunciate dello spagnolo, non potrà percorrere tale logica con assiduità, ma quantomeno trarne spunto. Il dato statistico impressionante di questa partita risiede, però, nella spaventosa percentuale realizzativa con la prima di servizio da parte di Federer: 83%. Esplicitato numericamente significa in sostanza che su 44 punti contesi nei turni di battuta dello svizzero, il numero 1 al mondo ha racimolato solo ed esclusivamente 8 punti. A tal proposito il sesto gioco del parziale d’apertura riassume brevemente l’influenza decisiva esercitata dal servizio del 19 volte campione Slam nell’incontro:

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Il mix di velocità e variazioni adottate da Federer respingono qualsiasi velleità da parte di Nadal non solo di contro “breakkare” ma nemmeno di avviare lo scambio da fondo, impedendo al suo rivale di disarcionare le proprie certezze psichiche.

 

Il risultato certifica, oltre al 27° Master 1000 in carriera nonché il 94° titolo globale di Federer (eguagliando un certo Ivan Lendl), anche la sublime manifestazione di un livello di gioco semplicemente perfetto: 6-4 6-3 in un’ora e dodici minuti.

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