Si sono conclusi nella notte gli incontri, maschili e femminili, che hanno completato i tabelloni delle semifinali di quest'edizione 2016 degli US Open, ultimo Slam stagionale.
Solitamente la ciliegina è l’ultima delle componenti ad essere aggiunta per impreziosire una torta, vorremmo però fare uno strappo alla regola ed iniziare col botto, focalizzando l’attenzione sul match tra Kei Nishikori ed Andy Murray, incontro principale della nottata, sia per quel che concerne i valori in campo, sia per il gioco e l’equilibrio mostrati, sia, soprattutto, per il risultato finale piuttosto inaspettato.
Dopo una serie di prestazioni opache, non all’altezza delle sue possibilità né della sua classifica, il giapponese torna a convincere, riuscendo a mettere in seria difficolta il campione olimpico, costringendolo addirittura al quinto set, così come poche volte gli è capitato (ultima occasione: Coppa Davis della corrente stagione).
Del resto, che la partita fosse combattuta ce lo si poteva anche aspettare, analizzando quelle che sono le caratteristiche dei due giocatori; Murray è fondamentalmente un grande atleta, importante dal punto di vista antropometrico, doti che fanno di lui un tennista sufficientemente completo, ottimo nella copertura del campo, anche se alle volte carente dal punto di vista tattico, così come da quello della concentrazione.
Se volessimo darne una collocazione, potremmo definirlo un giocatore da fondocampo, che non ha nella potenza la sua arma migliore, ma certamente uno dei pochi capace (Federer e Djokovic per fare altri due nomi su tutti) di ubriacare gli avversari con continue variazioni di rotazione, ritmo e traiettorie.
Un avversario che, sulla carta, sembra l’ideale per il nipponico, tennista atleticamente esplosivo, sebbene fragile, che compensa la carenza fisica posizionandosi molto vicino alla linea di base ed esprimendo quindi un gioco su alte frequenze, ciò che gli consente di ovviare alle scarse velocità che riesce a produrre.
Il giapponese tuttavia si presentava a questo appuntamento reduce da una stagione e da una serie di prestazioni non esattamente all’altezza del suo livello; difficolta che si palesano immediatamente, in un primo set totalmente dominato dallo scozzese, al quale sembrerebbe che gli spetti l’ennesima passeggiata di salute, che vorrebbe per lui dire “semifinale”.
Nishikori però non ci sta! Tira fuori le unghie nel secondo parziale, impegnando il britannico in un head to head durato quasi un’ora di gioco e conclusosi solo nel decimo game, in cui la testa di serie numero 6 è riuscita a mettere a segno l’affondo definitivo, che gli è valso il set e dunque la parità.
A questo punto la partita risulta essere molto equilibrata nel gioco, con i due atleti che alternano momenti di grazia ad altri di completa distrazione; come allo specchio si rifilano l’un l’altro la stessa amara medicina, dapprima Murray, conquistando il terzo parziale con il medesimo punteggio con il quale Nishikori si era imposto nel secondo; poi il nipponico che nel corso del quarto set sale in cattedra, imbambolando lo scozzese con continue variazioni, angolazioni e prese di campo e restituendogli il severo 6/1 con il quale era stato costretto a soccombere nel primo.
Dopo quasi 3 ore di gioco eccoci dunque arrivati all’ultima e decisiva partita, che sancirà chi dei due contendenti sarà meritevole di un posto tra i best four della competizione.
Un quinto set in cui l’impressione è stata che tutto fosse nelle mani del giapponese; è infatti lui il primo ad allungare per due giochi a zero, rifilando così all’avversario una serie di ben 7 games consecutivi, ma è bravo Murray a non demordere ed a recuperare immediatamente lo svantaggio, riportando la partita sul punteggio di parità.
Da lì a pochi minuti si ripete la medesima situazione, Nishikori strappa il servizio allo scozzese, che a sua volta controbreaka immediatamente, sfruttando per lo più gli errori dovuti ad un po’ di braccino del suo avversario, piuttosto che per meriti propri; siamo giunti così sul 5 pari.
Un copione che pare essere già stato visto innumerevoli volte, con il campione messo alle strette, ma che alla fine la spunta; ed invece questa volta è proprio Davide a sconfiggere Golia.
Sorprende tutti, compreso il suo avversario, Nishikori con le sue continue progressioni verso la rete, portate con incredibile consapevolezza strategico-tattica e che hanno l’effetto di interrompere la regolarità da fondo di un Murray che, giunti a questo punto, sembra non averne più; è proprio una volée, a seguito di uno scambio spettacolare, a regalare al nipponico l’ennesimo e decisivo break che sancisce la sua vittoria.
Si interrompe così una striscia di ben 27 vittorie consecutive per lo scozzese, forse il principale favorito per la vittoria finale, che dunque si arrende per la seconda volta in carriera ad un eroico Nishikori, che conquista così la sua seconda semifinale in quel di Flushing Meadows, con il punteggio di 1/6 6/4 4/6 6/1 7/5.
Il secondo ed ultimo quarto di finale per quel che concerne il tabellone maschile, ha visto sfidarsi il tennista del momento, Juan Martin Del Potro, e lo svizzero Stan Wawrinka.
Partita, anche questa, piuttosto interessante visto il gioco possente, piuttosto simile, dei due giocatori.
Statistiche che, infatti, registrano un equilibrio assoluto, con una piccola eccezione per quel che concerne il dato sulle seconde palle, leggermente a favore dell’elvetico, che come spesso accade funge da ago della bilancia.
Sulle ali dell’entusiasmo, dovuto alle recenti, strabilianti prestazioni, è Del Potro a prendere il timone di comando, affondando subito il suo avversario, portandosi avanti per tre giochi a zero.
Un break non è tuttavia un vantaggio tale da potersi permettere un rilassamento, ed infatti ecco che lo svizzero riemerge da una situazione complicata, conquistando 3 games consecutivi, che gli valgono la parità.
Parità che poi perdurerà sino al tie-break, dove sarà “Stanimal” a spuntarla, mettendo così in cassaforte il primo set.
Vi è più di un rammarico per l’argentino nel non aver sfruttato una situazione messasi in discesa sin dalle prime battute, ma come ci hanno insegnato questi anni di agonia, lontano dai campi da gioco, Delpo non è certamente tipo da darsi per vinto, e lo dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, in un secondo parziale in cui un break, ottenuto dall’argento di Rio nel corso dell’ottavo game, è bastato per garantir lui il set e la parità.
L’enorme carico energetico ed emotivo a cui è stato sottoposto l’argentino nelle ultime uscite ed anche nel corso dei primi due set, tuttavia emerge, portando Wawrinka ad una situazione di grande vantaggio psico-fisico; occasione che lo svizzero non si lascia sfuggire, mettendo la sua firma sui rimanenti due parziali e sull’incontro.
Dopo oltre 3 ore di gioco è dunque Wawrinka a completare il quadro delle semifinali maschili, estromettendo Del Potro, con il punteggio di 7/6 4/6 6/3 6/2.
Passiamo ora alla parte femminile del tabellone, chiusa dalla numero uno del mondo Serena Williams, quest’oggi contrapposta alla romena Simona Halep, in un match che sulla carta si preannunciava molto avvincente.
Come spesso accade quando in campo scende l’americana, le differenze vengono di molto sfasate, accentuate in termini di gap; sembrano difatti molte più di quattro le posizioni che separano le due tenniste in classifica, in un primo set in cui la testa di serie numero 5 si è vista travolta dalla devastante potenza della campionessa di casa.
Risultato pronosticabile se guardiamo alla prestanza fisica nettamente superiore della numero uno del mondo; tuttavia, come detto per Nishikori, anche la Halep gode di un treno inferiore sviluppato e dal quale la romena attinge correttamente, rimanendo molto bassa ed elastica, ciò che le consente di portare la propria azione di gioco molto vicina al campo e che si traduce in termini pratici in una palla, magari non velocissima dal punto di vista della forza, ma che ritorna nel campo avversario in tempi piuttosto brevi.
E’ sufficiente che la Williams si rilassi quanto basta per commettere qualche errore di troppo, ed ecco che subito si fa sotto la romena, sfruttando, nel corso del quarto game del secondo set, l’unica incertezza della partita nel servizio dell’americana, che le consente di portare l’incontro sull’uno pari.
La differenza fondamentale con le avversarie, emersa soprattutto nel corso delle ultime stagioni, è che, mentre le altre si alternano tra loro, Serena c’è sempre; salvo momenti di ribasso, di rado capitati recentemente e che comunque rappresentano delle eccezioni e non l’ordinario, la Williams riesce a mantenere sufficientemente costante il suo livello di prestazioni nel corso della stagione, così come il suo ritmo all’interno di una partita.
Sebbene la Halep abbia fatto il massimo rispetto alle proprie possibilità, e per questo a lei va il nostro applauso, ciò non è bastato per surclassare l’americana, forse semplicemente più forte.
Saluta la romena il pubblico di New York, che applaude la propria beniamina, meritevole di un posto in semifinale, conquistato con il punteggio di 6/2 4/6 6/3.
Abbandona la competizione anche quella che è stata la rivelazione di quest’edizione dei campionati americani, ovvero Ana Konjuh.
A fronte dei diciott’anni della croata, fa valere la sua maggior esperienza Karolina Pliskova, quest’oggi impeccabile nei turni di risposta ed una sentenza in quelli di servizio, sebbene una grossa mano l’abbia ricevuta da una troppo emozionata avversaria.
Il tempo, il fisico, il talento, tutto è dalla parte della Konjuh per poter scalare la cima del grande tennis e riprovare ancora nel tentare l’impresa; quanto fatto da lei in questo US Open resta più che soddisfacente, sebbene ad oggi non sufficiente per avere la meglio sulla testa di serie numero 10, che con un doppio 6/2 si aggiudica l’ultimo posto alle semifinali.