Nel mondo dello sport e in particolare in quello del tennis si sente spesso parlare di tecnica. Un aspetto percepito quale ombelico del mondo che magnetizza l’attenzione generale, autentico “X Factor” da cui dipendono glorie e successi.
Questa circostanza è determinata con tutta probabilità della sua natura visiva e spettacolare che nella sua gesticolazione ha la capacità di colpire le menti di immediato come un tweet. Questo fatto costituisce il possibile dogma dal quale prende forma la visione tecnico centrica attualmente diffusa nell’ambiente.
Un assunto al cui interno diversi campioni assumono il ruolo di veri e propri modelli di riferimento, con tanto di vincoli biomeccanici a rimorchio.
Ad esempio, Roger Federer & Co, risultano essere l’ispirazione per eccellenza da seguire in diverse scuole di pensiero. Nel merito sorgono spontanee profonde riflessioni. In primo luogo viene da chiedersi se la precisione nella ripetibilità esecutiva sia un processo possibile anche per lo stesso soggetto.
Mentre, in via subordinata, mi domando se la fenomenologia del campione, assoluto maestro di sintesi nella complessità, sia compatibile per il trapianto di abilità tecniche (colpi) su differenti destinatari, novelle creature di modello Frankenstein. Data la complessità e la vastità dell’argomento tenterò di semplificarlo quanto possibile, sintetizzandolo in alcuni punti.
Dopotutto, lo scopo di chi scrive è quello di favorire la divulgazione di un tema sentito quanto confuso, per fornire al lettore strumenti di esplorazione e di approfondimento.
Il gioco del tennis. Come tutte le cose anche il tennis è sottoposto ai principi che regolano l’universo, in altre parole lo stesso risulta particolarmente sensibile all’ambiente e ai suoi cambiamenti. Ad esempio, durante il gioco la palla non si troverà mai due volte nello stesso punto del tempo e dello spazio con la stessa carica di energia. La disciplina tennis è classificata dagli esperti come un gioco sportivo individuale di situazione, ad abilità aperte, rapido, preciso in condizioni variabili. E ancor più “il gioco della mente e del corpo”.
Dunque, partendo dal regolamento, ciascun campione ha cercato di interpretare questo sport in modo singolare per trovare soluzioni a differenti problematiche. Questi elementi hanno prodotto nel tempo giocatori con stili diversi e campioni che si sono imposti con modelli strategici, tattici e tecnici addirittura contrapposti.
La mente del tennista. Il tennista, ricordiamolo sempre, è innanzitutto un individuo. La ricerca scientifica afferma che ciascun individuo è un soggetto unico e irripetibile. Sul piano genetico l’unica eccezione è costituita dai gemelli omozigoti. Tuttavia, anche in questo caso specifico, le diverse esperienze personali lasciano impronte tali da far si che due cervelli non siano mai identici (G. Edelman, biologo americano premio Nobel 1972).
Nel tennis le evidenze scientifiche hanno dimostrato che le differenze tra vari soggetti, nell’apprendimento come nella prestazione, sono legate in via principale all’interazione della vista ai processi mentali con la palla. Quindi dove i fattori anticipazione e stima della traiettoria fanno la grande differenza (Nature 2004 articolo di Kording e Woplert).
Il corpo del tennista. Se agli aspetti mentali (emotivi, cognitivi) e sensoriali (visivi, uditivi, percettivi, ecc.) aggiungiamo le differenze neurologiche, antropometriche, morfologiche, fisiologiche, capiamo quanto la disciplina tennis sia complessa. Inoltre, pur evitando di illustrare compiutamente l’interazione ambiente-individuo e la coordinazione motoria per eludere ulteriori lenzuolate, malgrado ciò ci troviamo continuamente al cospetto di ulteriori elementi che bollono in pentola. Tra questi non potevo certo tralasciare il problema dei gradi di libertà del movimento. Problema che per primo ha identificato e spiegato (1966) il neurofisiologo russo Nikolai Bernstein. Il ricercatore russo ha di fatto provato ed evidenziato quanto sia impraticabile la ripetibilità esecutiva anche per lo stesso soggetto.
La tecnica del tennis. La tecnica è dunque la parte ultima dell’azione motoria che a sua volta è subordinata ai processi mentali e senso percettivi.
L’azione tecnica nel tennis è deputata a risolvere problemi di gioco evolvendosi e adattandosi continuamente alle situazioni ambientali, attraverso le caratteristiche e le specificità individuali. Esistono quindi diverse azioni di gioco (di attacco, di difesa, ecc.) supportate da un’infinità di movimenti ai quali non è possibile appioppare vincoli biomeccanici precisi per il semplice motivo che per ciascun individuo-tennista esistono soluzioni biomeccaniche infinite.
In conclusione, quanto riportato in questo articolo fa molto pensare sui luoghi comuni ricorrenti quanto diffusi che impregnano il mondo del tennis.
Forse il tennis è qualcosa di più del "braccio" e della tecnica, illustrata poi in modo riduzionista e meccanicistico.
Se il grande Niccolò Paganini “non ripete” certamente non lo può fare neanche Roger Federer. Il tennis, a suo modo, è un gioco di ritmo e come la musica possiede un suo spartito con le sue note. Oppure, se preferite, è possibile dire che il tennis dispone di un proprio alfabeto attraverso il quale, a seconda dell’autore, è possibile scrivere una lista della spesa quanto un’opera assoluta come “La Divina Commedia”, dove però è “l’amore che move il sole e l’altre stelle”.