Fin dal suo primo vagito la Coppa Davis ha fatto intravedere il suo colossale potenziale. Nel 1900 alla prima contesa parteciparono solo USA e Gran Bretagna e poco dopo, nel 1905, si aggiunsero anche Francia, Australia e Belgio. Già nel 1920 si diceva che nelle relazioni internazionali un incontro di Davis era più efficace di una lettera della Casa Bianca. Pertanto il potenziale della manifestazione, intravisto in origine, si manifestò rendendosi ovvio a chiunque in tutta la sua folgorante magnificenza.
Dopo una lunga storia che il lettore può trovare nel menù di questo sito cliccando la sigla I.T.F., la Davis ha subito diverse trasformazioni. Infatti, da molti anni si continua a discutere di nuove formule che rilancino la Davis agli antichi fasti, dove era considerata l’ombelico del mondo del tennis. Tuttavia ieri la Coppa Davis è tornata grande catalizzando l’attenzione del pubblico accorso numeroso a sostenere i giocatori che difendono la bandiera nazionale, poco importa la seria nella quale si svolge l’incontro. Questo fatto accade perché questa manifestazione permette a paesi piccoli di confrontarsi con paesi 10-20-30 volte più grandi, oltre a evidenziare limiti e virtù di molti giocatori. Operativamente, oggi, le nazioni sono suddivise in tabelloni di livello diverso, determinati dai risultati ottenuti negli incontri dell’anno precedente. La serie maggiore che racchiude le prime sedici squadre del mondo è attualmente il World Group. Tra queste nazioni, oltre le prime due che diedero vita all’iniziativa, curiosamente troviamo in questo 2016 anche le tre che vi parteciparono nel 1905.
Quest’anno assente dal World Group la temibile “Armada”, si sono giocati otto incontri che hanno qualificato ai quarti di finale le seguenti nazioni: Gran Bretagna, Serbia, Italia, Francia, Repubblica Ceca, Croazia, Argentina, Stati Uniti. Da segnalare come le il fattore campo abbia giocato un ruolo marginale, dato che tra le vincitrici solo le prime quattro hanno usufruito del fattore casalingo. L’incontro più blasonato, rispetto alla tradizione, ha visto sui campi del leggendario Kooyong di Melbourne fronteggiarsi Australia e Stati Uniti. Due titani che vantano congiuntamente sessanta titoli nella manifestazione. Il neo capitano Hewitt, in emergenza a causa di alcune importanti defezioni tra cui quella di Kirgyos, ha dovuto autoconvocarsi e schierarsi nel doppio dove ha fatto vedere le streghe ai fratelli Bryan che hanno avuto la meglio solo dopo cinque interminabili set. Nei singolari il gigante Isner è stato l’autentico mattatore del week end, consentendo agli americani di espugnare il Kooyong. Un fatto di enorme rilevanza per chi conosce la storia del gioco.
La Francia non ha avuto problemi in casa contro un Canada azzoppato, vista l’assenza di Raonic. Così anche l’Italia che, superato l’ostico esordio di Lorenzi, ha passeggiato contro le riserve svizzere vincendo per cinque a zero. Un’altra musica, invece, si è sentita nella disputa tra Germania e Repubblica Ceca. Il pubblico ha assistito ad una battaglia eccezionale di tre giorni dove, tra diversi giocatori esperti, si destreggiava il giovane talento tedesco di origine russa Zverev. Il giovanotto nella prima giornata ha impressionato contro Berdich costringendolo al quinto set. Una fatica che il ceco ha successivamente pagato nella terza giornata ritirandosi nel singolare, consentendo così il pareggio del due pari ai tedeschi. A questo punto nel singolare decisivo tutti gli occhi erano puntati ovviamente su Zverev che affrontava il solido, ma certo non irresistibile Rosol. Un tennista che gli appassionati ricordano qualche anno fa quale giustiziere di Nadal sul Centre Court di Wimbledon. Purtroppo alla luce dei fatti il giovane Zverev è crollato, vittima di braccino incapace di vincere i punti più ovvi (cit. G. Clerici), ha perduto tre set a zero fallendo l’esame di maturità. Stesso spartito si è evidenziato anche tra Belgio e Croazia, dove un magnifico Goffin non è bastato a riconfermare il Belgio finalista della passata edizione. Il giovane Coric numero 47 ATP ha vinto il singolare decisivo contro il non irresistibile 122 ATP Coopejens, dimostrando però temperamento e carattere necessari per portare a casa il punto decisivo. Un fattore non scontato che nella storia ha fatto scivolare più di un campione.
Del resto, tra Serbia e Kazakistan ci aspettava un risultato scontato per i serbi che hanno in fondo vinto l’incontro, portando però a casa la pelle a caro prezzo. Il Kazakistan si dimostra una squadra da non sottovalutare in Davis, viste le imprese prodotte nelle ultime edizioni. Il doppio kazako e un immenso Kukushkin sono riusciti quasi a realizzare un’impresa impossibile. Fatti secchi nel doppio i serbi Zimonic e Djokovic, sul due a uno Kazakistan sono scesi in campo il numero uno del mondo Djokovic e per l’appunto Kukushkin. Da non dimenticare che in questo momento il tennis maschile internazionale è dominato in lungo e in largo da super Novak. Tuttavia Nole è dovuto passare, novello Odisseo, nello stretto tra Scilla e Cariddi. Il campione del mondo, leggermente dolorante e in giornata poco felice, si è trovato due set a uno sotto e soltanto per mezzo dell’orgoglio da fuoriclasse è riuscito a superare l’inatteso ostacolo.
Infine la Gran Bretagna, paese detentore dell’insalatiera più celebre del mondo, ha affrontato in casa a Birmingham la squadra giapponese che in questo fine settimana ha saputo far rivivere le gesta di Zeno Shimizu e compagni. I leggendari “Samurai” della racchetta del sol levante finalisti di Davis nel 1921 contro gli Stati Uniti di Bill Tilden. Durante la terza giornata di questa sfida ha preso forma una partita di magico splendore. I duellanti, entrambi top del tennis mondiale, sono stati il britannico Andy Murray e il nipponico Kei Nishikori. Dopo interminabili scambi e rincorse massacranti Murray si è portato in vantaggio di due set a zero. Del resto, come spesso accade l’apparenza inganna, e l’indomito Nishikori è riuscito a ribaltare la situazione pareggiando i conti. Due set pari. Arrivati alla resa dei conti, si è aperto il sipario con l’inizio del quinto set. Una sconfitta di Andy avrebbe potuto portare i britannici ad una probabile disfatta nel match decisivo. In quell’attimo fugace sua era la totale responsabilità, nelle sue mani il destino della sua squadra.
Riviviamo insieme quei momenti fatali. Partiti, e il giapponese mette la quinta strappando in avvio il servizio allo scozzese più amato dagli inglesi. Cala il gelo, il pubblico ammutolisce. Adesso tocca a Andy reagire andando a rispondere con il peso sulle spalle di uno sherpa himalayano. Lotta, suda, corre, impreca, ma ce la fa. Ottiene il contro break ed è uno pari, tra le urla del pubblico risorto dalle tenebre. “Silenzio!” chiede l’arbitro. Non c’è spazio per altro che non sia il gioco, non c’è tregua, serve Murray. Il servizio tiene e così l’equilibrio del quinto set fin quando Murray mette la freccia sorpassando Nishikori quattro a due. Complice del britannico anche qualche doppio fallo del giapponese. Così proseguono i contendenti verso il traguardo dove lo scozzese, con l’ultimo scatto di nervi, riesce a passare per primo tagliando il filo di lana. È finita, dopo quattro ore e cinquantaquattro minuti. Il tripudio della folla sommerge i due campioni che hanno combattuto una sfida all’ultimo sangue per difendere il proprio onore e quello dei rispettivi paesi. Magie e atmosfere di Coppa Davis.