I lasciti della settimana appena trascorsa hanno rinvigorito la tesi comunemente condivisa in merito alla dicotomia tennistica intercorrente tra i due circuiti professionistici: mentre il proselitismo giovanile, in ambito maschile, da un lato fatica a reperire adesioni, in virtù del quadrumvirato instauratosi nel corso dell’ultimo decennio, in ambito femminile, dall’altro lato, la situazione è agevolata da un’indole carismatica carente al vertice. Lo dimostrano le vittorie di Nadal a Barcellona, di Pouille a Budapest (dove non era presente nessuno dei Fab Four), di Svitolina a Istanbul e di Siegemund a Stoccarda.
Al Real Club de Tenis di Barcellona, circolo fondato nel lontano 1899, è andata in scena la 47° edizione del Conde de Godò (torneo 500), il cui campo di partecipazione ha goduto della presenza del numero uno al mondo Andy Murray e del nove volte campione del torneo catalano Rafael Nadal. Entrambi erano attesi a confrontarsi in una finale pronosticata dai più come un’anticipazione del possibile panorama su terra battuta di questa stagione. La realtà ha rivelato una diversa prospettiva: se è vero che Nadal rimane una certezza inamovibile su questa superficie, lo stesso non si può dire per lo scozzese, nonostante i progressi maturati nel corso del biennio 2015-16. Infatti dopo aver superato agilmente i primi due turni, in primis per via del ritiro di Bernard Tomic e in secundis dopo aver battuto Feliciano Lopez per 6-4 6-4, Murray ha dovuto fronteggiare un agguerrito Albert Ramos-Vinolas, che solo una settimana fa aveva avuto la meglio sul nativo di Dunblane imponendosi in tre set (2-6 6-2 7-5). Anche in quest’occasione sembrava che la partita potesse volgere in favore di Ramos, che però non riuscirà a mantenere i nervi saldi nel tie break decisivo (2-6 6-4 7-6, il risultato finale), concedendo a Murray la possbilità di contedersi un posto in finale. La corsa dello scozzese si infrangerà in semifinale contro il muro austriaco rappresentato da Dominic Thiem, apparso molto in forma sia fisicamente che psicologicamente sin dalle prime battute della manifestazione. Una condizione ottimale testimoniata anche dai pregevoli successi conseguiti: molto comode sono state le vittorie ottenute contro Kyle Edmund (6-1 6-4), Daniel Evans (7-6 6-2) e Yuichi Sugita (6-1 6-2). Come accennato in precedenza, la vittoria più difficile del suo cammino è arrivata in semifinale contro Murray, incontro nel quale si è imposto in tre set molto lottati (6-2 3-6 6-4). La finale disputata contro Nadal, salvo in alcune circostanze iniziali del match, non ha tralasciato mai l’impressione che potesse essere messa in discussione dal numero nove del mondo, che di fatto soccomberà in due set facili (6-4 6-1). Il maiorchino, collocato nella parte bassa del tabellone, si è reso protagonista di un iter squisitamente caratteristico dei suoi mandati su terra rossa, dimostrando una superiorità tale da rievocare le sue migliori prestazioni remote. Nel suo turno d’esordio contro il brasiliano Rogerio Dutra da Silva, lo spagnolo ha mostrato a tutti quali fossero le sue reali intenzioni, regolando quest’ultimo con il punteggio di 6-1 6-2. La prosecuzione della sua cavalcata trionfale riassume perfettamente le impressioni concretatesi già nel match iniziale: a passare sotto le sue grinfie, successivamente, sono stati Kevin Anderson (6-3 6-4) in ottavi di finale, Hyeon Chung (7-6 6-2) in quarti di finale, Horacio Zeballos in semifinale (6-3 6-4) e Dominic Thiem in finale (6-4 6-1). Per lo spagnolo si tratta del 71° titolo in carriera (quinto nella classifica all time), il 51° titolo su terra battuta (record assoluto), una superficie che gli ha regalato ben 375 vittorie a fronte di 34 sconfitte.
Nella prima edizione del Gazprom Hungarian Open (torneo 250) disputatosi a Budapest i pronostici auspicati alla vigilia sono stati confermati sul campo, nonostante non siano mancate le sorprese: il numero uno del seeding, ovvero il francese Lucas Pouille, ha mantenuto le attese che lo accreditavano come il favorito alla vittoria finale, malgrado un percorso a tratti assai tortuoso: l’esordio contro il ceco Jiri Vesely ne è stata la prova, una partita decisasi al tie break decisivo (6-3 4-6 7-6), che indubbiamente ha motivato il transalpino a porre maggiore attenzione nelle partite a venire. Cosa che riuscirà a fare considerato anche l’andamento dei suoi match seguenti: più agevoli sono state le vittorie in quarti di finale contro Martin Klizan (6-4 6-3), in semifinale contro il nostro Paolo Lorenzi (6-2 7-5) reduce quest’ultimo da un ottimo cammino in terra magiara e infine in finale contro il britannico Aljaz Bedene (6-3 6-1), che ha consegnato lui il suo secondo titolo ATP in carriera. Il suo avversario, per l’appunto Bedene, alla sua seconda partecipazione in una finale ATP dopo aver perso la prima in quel di Chennai nel 2015 contro Stan Wawrinka, ha dovuto affrontare un percorso ben più tranquillo rispetto a Pouille: primo turno vinto comodamente contro il lucky loser Marius Copil (7-5 6-2), così come comode saranno le partite contro Robin Haase in ottavi di finale (6-4 6-4), contro il numero due del seeding Ivo Karlovic in quarti (6-4 6-3) e contro la sorpresa del torneo in semifinale, ovvero il serbo Laslo Djere (6-2 6-4), mattatore dello spagnolo Fernando Verdasco in quarti di finale (2-6 7-6 6-2), mentre dovrà arrendersi al solo francese in finale. Da rimarcare, in ultimo luogo, la deludente sconfitta di Fabio Fognini contro Andrey Kuznetsov (6-3 3-6 7-6) che sottolinea una volta di più la difficile convivenza del ligure con una costanza di risultati che latita ad arrivare.
Sul versante femminile si sono disputati nel corso della settimana ben due tornei: il WTA International di Istanbul e il WTA Premier di Stoccarda.
Incominciamo dagli esiti concernenti la città turca: la numero uno del torneo, l’ucraina Elina Svitolina è riuscita a vincere il terzo titolo stagionale dopo un cammino complessivamente: primo turno complicato vinto contro la qualificata russa Kamenskaya (6-4 0-6 6-1), match di ottavi di finale vinto contro la romena Alexandra Cadantu (6-3 6-3), incontro di quarti vinto contro un’altra romena Sorana Cirstea (6-4 6-4), partita di semifinale vinta contro la slovacca Jana Cepelova (6-2 6-3) e finale vinta contro Elise Mertens, la vera sorpresa di questo torneo, artefice oltretutto della sconfitta di Sara Errani (unica italiana presente in tabellone) per 7-6 3-6 6-3.
Passiamo ora a quanto avvenuto a Stoccarda, torneo che ha visto il rientro di Maria Sharapova dopo 15 mesi di assenza. Molte sono state le sorprese a cominciare dalla vincitrice: Laura Siegemund, già finalista nella scorsa edizione. La tedesca numero 30 al mondo è stata capace di sovvertire gli ordini di inizio torneo aggiudicandosi il titolo in maniera del tutto inaspettata: nel suo incontro d’apertura contro Shuai Zhang ha vinto per 6-2 7-6; successivamente è venuta a capo di Svetlana Kuznetsova per 6-4 6-3; nei quarti è stata capace di vincere contro Karolina Pliskova per 7-6 5-7 6-3; in semifinale ha ridimensionato la numero quattro del seeding Simona Halep con il punteggio di 6-4 7-5; mentre in finale ha avuto la meglio su Kristina Mladenovic, fautrice della sconfitta di Maria Sharapova per 3-6 7-5 6-4, in tre set palpitanti (6-1 2-6 7-6).