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Giornata di finali sotto il sole caldo di Indian Wells. Due finali, due derby tra connazionali: russo in campo femminile, svizzero in quello maschile. Ad aprire le danze ci pensano Kuznetsova e Vesnina, due outsider non certamente accreditate dei principali favori del pronostico. Svetlana, testa di serie numero 8; Elena testa di serie numero 14. Le due russe sono arrivate allo scontro finale dopo un percorso non privo di ostacoli anche molto difficili da superare. Sveta oltre alla nostra Vinci ha dovuto superare Garcia e soprattutto Pliskova in semi; Per vesnina che non godeva del bye al primo turno, vittorie di gran prestigio con Kerber e Venus Williams prima della Mladenovic in semifinale.


Il match è da subito gradevole ed offre spunti strategici interessanti e abbastanza delineati. La Vesnina cerca di spostare principalmente il gioco sulla diagonale del rovescio provando a spremere punti facili dalla prima palla di servizio. La Kuznetsova dal canto suo prova a stuzzicare maggiormente il dritto altrui utilizzando il servizio principalmente come uno strumento per indirizzare il gioco su una diagonale e per muovere la Vesnina lateralmente ottenendo un vantaggio territoriale da sfruttare con i colpi successivi. Pur rimanendo due giocatrici abbastanza standardizzate nel tennis moderno femminile, entrambe si discostano leggermente dal modello prestativo tipico, rendendo la partita avvincente ed equilibrata. Oltre al classico bombardamento da fondocampo con entrambe le lateralità, tutte e due hanno la capacità di muovere il gioco utilizzando varianti e variazioni. Non a caso sono due tra le migliori doppiste al mondo. Specialità molto formativa spesso abbandonata troppo presta da giovani rampanti in cerca di punti ATP/WTA. Svetlana utilizza maggiormente la possibilità di modificare velocità, altezza e rotazioni. Molti dei suoi colpi “rallentati” mettono in difficoltà l’avversaria che soprattutto di dritto fatica a trovare timing su una palla senza peso. Elena dal canto suo utilizza al meglio il campo in senso verticale. Qualche palla corta che costringe la connazionale ad uscire dal guscio della linea di fondo, molte (per un match femminile) discese a rete spesso vincenti.


Nel primo Set è la Vesnina a provare una piccola fuga subito rintuzzata dall’avversaria. Di nuovo sul 3-2 arriva un nuovo break a favore della nativa di Kiev. Anche stavolta la replica della Kuznetsova è immediata ottenendo il contro break grazie al doppio fallo della connazionale. Si prosegue con grande equilibrio fino al 6-6 nonostante entrambe abbiano avuto numerose chance per tentare l’allungo decisivo. Nel tiebreak la Vesnina prova a mantenere la stessa intensità e aggressività dei game precedenti, ma sarà per la tensione o per la non abitudine a certi palcoscenici, i colpi perdono precisione e commette parecchi errori non forzati. Certo la il Set Point con quel nastro che affloscia la pallina subito al di la della rete è quanto di più beffardo possa succedere, ma Elena deve rammaricarsi con se stessa per aver giocato non al meglio la fase determinante del primo Set. Sulle ali dell’entusiasmo Kutz vola immediatamente 4-1 facendo credere a molti che il sentiero sia segnato. Ed invece con grande caparbietà la testa di serie numero 14 si rialza, torna a spingere di rovescio, aggredisce l’avversaria già dalla risposta e con grande sorpresa di tutti si porta sul 5-4. E servizio! Ma niente. Come già nel primo Set la Vesnina non riesce a concretizzare immediatamente le occasioni. Non si scoraggia però la tennista di verde vestita, brekka nuovamente e con un Ace conquista il secondo Set. Per decidere chi succederà ad Azarenka sul trono californiano serve il terzo e decisivo Set. Un po’ di stanchezza e di tensione abbassa il livello di gioco delle due che iniziano a variare molto meno, ad essere meno aggressive, limitandosi in alcuni casi, soprattutto Kuznetsova, a cercare di non sbagliare invece che andare alla ricerca del punto. Palle corte e discese a rete spariscono quasi completamente dai radar delle due giocatrici che hanno il merito di non mollare mai dal punto di vista agonistico rimanendo attaccate con le unghie ad ogni scambio e quindi al match. Ancora una volta è Kuznetsova ad andare in vantaggio, ma ancora una volta la Vesnina reagisce, approfitta di qualche errore, spinge con il rovescio e ribalta il punteggio andando a servire sul 5-4. Forse per la prima volta nel match non trema quando si trova sopra nel punteggio, e sull’errore in risposta di Svetlana ottiene la vittoria più importante e prestigiosa della sua carriera in un torneo che solo 12 mesi prima l’aveva vista uscire al primo turno delle qualificazioni.


Dopo la cerimonia di premiazioni con Tommy Haas a fare gli onori di casa, scendono nell’arena stracolma di spettatori Roger Federer e Stan Wawrinka.

I due elvetici, rispettivamente teste di serie 9 e 3 del torneo, si affrontano per la ventitreesima volta; 19-3 in favore di Roger (di cui 2 proprio a Indian Wells) che con il connazionale ha perso soltanto su campi in terra battuta. Ovvio quindi che il pronostico sia a favore di King Roger anche in virtù della vittoria di due mesi fa in Australia, del minor tempo trascorso sul campo bollente di Indian Wells in questo torneo (deve ringraziare Kyrgios che gli ha “concesso” un giorno in più di riposo) e di una sudditanza psicologica mai dichiarata ma sicuramente presente e comprensibile.

Il percorso verso il capitolo finale è stato molto più impegnativo per Stan con due vittorie al tiebreak del terzo Set, sia con Nishioka che con Thiem. Roger dal canto suo ha sofferto soltanto al secondo turno vincendo 76 – 76 con Steve Johnson. Successivamente netta vittoria con Rafa Nadal e WO appunto con il temibile e “on fire” Nick Kyrgios, il giustiziere di Djokovic.


Il primo Set è per 9 games veloce, prevedibile, senza particolari scossoni e sussulti. Entrambi i giocatori tengono il proprio servizio senza alcun problema concedendo le briciole all’avversario in risposta. Federer ottiene un irreale 83% di punti vinti sia con la prima che con la seconda palla con la complicità di Wawrinka. Stan infatti, come ha fatto per tutto il torneo del resto, decide di rispondere da molto molto lontano, dando sì velocità e spin alla palla ma perdendo molto campo: un suicidio contro Federer. Soprattutto contro questo Federer sempre pronto ad avanzare in campo e prendere la rete per chiudere al volo. Sul 5-4, Wawrinka concede la prima palla break del match. Federer ne approfitta immediatamente e in meno di mezzora si porta in vantaggio di un Set. Il secondo Set è un po’ più movimentato con Wawrinka che ottiene un break in apertura approfittando di un piccolo calo nella percentuale di prime palle in campo del più vincente connazionale. Il proprio turno di battuta viene tenuto con qualche difficoltà in più da entrambi i giocatori e Federer rimette in parità il match nel quarto gioco portandosi sul 2-2. Da li in poi, nonostante solo Federer in una circostanza riesca a tenere a 0 il proprio turno, non si vedono più palle break fino al 6-5. Come successo nel primo parziale, Wawrinka crolla nel momento del bisogno e Federer non si lascia sfuggire l’occasione, chiudendo Game Set e Match con una volèe vincente di dritto. Secondo titolo del 2017, venticinquesimo Master1000 e novantesimo titolo assoluto. Che i 108 di Connors non siano poi un’utopia???

Nel giorno che ha consegnato il primo titolo Challenger ad un forse futuro numero 1 come Shapovalov, il “vecchio” numero 1 sembra voler urlare al mondo la sua presenza presente e futura. Quello che colpisce, almeno personalmente, non sono i colpi di genio, le stop volley, i vincenti da qualunque parte del campo. Quelli ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Ma il ritmo che riesce a tenere, l’intensità degli scambi che mantiene tecnicamente, tatticamente e soprattutto atleticamente sono mostruosamente impressionanti. Gioca contro giocatori che tirano più forte (anche oggi i colpi di Wawrinka viaggiavano in media a 9-11 Km/h in più) eppure non perde campo, né orizzontalmente nè soprattutto verticalmente; anzi, nonostante questo, lo spazio lo gestisce a suo piacimento obbligando gli altri ad essere in balia della palla e non viceversa. Ha dato e da un significato diverso a “confort zone” d’impatto. Per lui non è riferita all’altezza e alla posizione della palla rispetto il proprio corpo, ma è riferita alla posizione del suo corpo rispetto allo spazio. Una rivoluzione anche considerando che non è più un ragazzino ed i piedi non dovrebbero muoversi come 5-10-15 anni fa.

L’impulso Federer sembra stia risvegliando il movimento tennistico maschie che si era un po’ assopito sui successi continui di Djokovic con il solo Murray ad infastidire di tanto in tanto il serbo. Volti nuovi stanno emergendo anche nei tornei più importanti e i vecchi “padroni” del circuito iniziano a chiedersi se non sia il caso di cambiare qualcosa nel proprio gioco proprio come ha fatto Roger. Speriamo che anche i più giovani prendano fiducia da quello che sta facendo l’idolo di molti di loro e come loro allenatori e maestri possano capire che un modello diverso è possibile. Basta crederci e saperlo insegnare.

 

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