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Una nuova edizione degli US Open è alle porte; per due settimane gli occhi del mondo del tennis saranno posati sul torrido cemento dello USTA Billie Jean King National Tennis Center a Flushing Meadows, New York; occhi pronti a scrutare ogni match, ogni colpo, ogni stilla di sudore che i giocatori verseranno sul campo blu, il colore del tennis del nuovo millennio.


Un’edizione, quella 2016 degli Open made in USA che ci proietta tutti quanti, spettatori e giocatori, direttamente nel futuro. Nulla sarà come prima, a partire dai terreni di gioco, o meglio da ciò che vi sta sopra, ovvero il tetto dell’Arthur Ashe Stadium, una costruzione faraonica grande come 17 piscine olimpioniche.
Il progresso, o presunto tale non può esistere senza sacrifici, senza addii significativi come lo sarà l’abbandono del vecchio Centrale, ora Grandstand, quel Louis Armstrong che è stato tra il ’78 e il ’96 il campo principale del torneo newyorkese. Certo, in nome del progresso –che a Flushing Meadows va di pari passo con i palinsesti televisivi- e a discapito del Gioco vi sono situazioni che farebbero gridare allo scandalo in altri tornei dello Slam, vedi Londra o Parigi, come ad esempio l’invenzione, discutibile diciamo così, del Super Saturday oppure del turno serale i cui incontri possono terminare anche in piena notte (il record spetta al match tra Nishikori e Raonic del 2014 terminata alle 2.26): insomma, le classiche controversie tipiche degli yankees.

E il tennis? No, non ci siamo dimenticati, tutt’altro; questi, cari amici, sono gli US Open, un intreccio indistricabile tra business ed entertainment, tra patriottismo e manie di grandezze: il tennis è ciò che unisce e da significato agli eventi corollari al torneo che per noi europei potrebbero sembrare come futilità, non rendendoci conto che è l’ottimo contorno a farci gustare maggiormente la pietanza principale.
I main dishes come si direbbe oltreoceano sono proprio le competizioni maschili e femminili dell’evento che affonda le origini nel lontano 1881, anno in cui si tenne la prima edizione dei Campionati degli Stati Uniti per soli gentlemen.

Avendo parlato in apertura di futuro e novità, certo non sorprende come proprio gli Stati Uniti anche in campo tennistico stiano cercando di tornare ai vertici di questa disciplina dopo un decennio avaro di risultati; per “progettare” i campioni di oggi e, sperano loro, i fuoriclasse di domani, la USTA (la FIT americana per intenderci) ha rivoluzionato il settore tecnico, investendo per ottenere benefici nel lungo periodo; risultati che - come già un nostro articolo precedente aveva messo in luce (ah, diffidate dalle imitazioni...) - stanno iniziando ad affiorare sia in campo maschile che in campo femminile.
Osservando il tabellone maschile, esso corrobora quanto detto la presenza di 17 giocatori a stelle e strisce tra cui 9 under 23 (Fratangelo, Fritz, Mcdonald, Harrixon, Kudla, Donaldson, Escobedo, Mmoh e Tiafoe): certo, nessuno di loro ambisce alla vittoria del trofeo ma, tra qualche anno, una volta raggiunta la maturità tennistica, potranno sicuramente dire la loro anche nei tornei più blasonati.

Due giocatori che, al contrario rappresentano il volto più splendente nel panorama del tennis mondiale sono i due favoriti del torneo, rispettivamente il numero uno del mondo Nole Djokovic e il numero due Andy Murray; entrambi arrivano all’appuntamento americano dopo aver difeso i colori delle rispettive nazioni nel torneo olimpico anche se, come sappiamo, le due esperienze non potrebbero essere più diverse dal momento che Andy è riuscito a salire per la seconda volta consecutiva sul gradino più alto del podio mentre Nole ha dovuto salutare la competizione a cinque cerchi addirittura al primo turno.
Difficile fare un pronostico: se psicologicamente Murray arriva allo US Open con il morale alle stelle, d’altro canto il suo avversario di sempre, con la ferocia che lo contraddistingue cercherà in ogni modo di riscattare l’ecatombe di Rio, approcciando il torneo più motivato che mai.

Detto ciò in seconda battuta spazio ai vari Nishikori, Raonic e Cilic, in rigoroso ordine di teste di serie, da cui ci aspettiamo grandi risultati visti i recenti obiettivi raggiunti: la vittoria alle US Open Series e la medaglia di bronzo olimpica per Nishikori, la finale a Wimbledon a cui Raonic non ha saputo dare la sperata continuità e, per il croato che si è separato da Ivanisevic la recente vittoria al Master 1000 di Cincinnati.

Avendo aperto l’articolo inneggiando alla gioventù e al futuro gettiamo uno sguardo anche a quei ragazzi presenti nel tabellone principale che vedono in Flushing Meadows una ghiotta occasione per ambire al vertice del tennis mondiale; senza scomodare gli americani di cui abbiamo già parlato, da segnalare e in costante ascesa è il giapponese Nishioka, diciannovenne (primo turno con Anderson) e del qualificato russo Khachanov; il 2016 è stato anche l’anno della consacrazione a buoni livelli di Pouille, ora numero 22 del mondo, di Alexander Zverev, giocatore ancora decisamente acerbo anche se a primo acchito non sembra avere le stimmate dei campionissimi di questo sport, e, in particolar modo, di Dominic Thiem, anche se in molti confidavano nel definitivo salto di qualità da parte del giocatore austriaco che, anche in questi mesi, ha dimostrato di non essere a livello dei top player.

Concludendo per quanto riguarda i giovani, non possiamo dimenticarci della coppia australiana formata dal Tomic e Kirgios (posizionati nel medesimo ottavo), due giocatori potenzialmente (soprattutto il secondo) da vertice mondiale: peccato, o per fortuna dipende dai punti di vista, che il tennis non è solo un gioco con racchetta e pallina, ma dove la componente manuale non basta per primeggiare ad alti livelli.

Non certo giovanissimi sono anche i due outsider del torneo, Rafa Nadal e Juan Martin Del Potro, vere e proprie mine vaganti che possono scombussolare i piani dei due maggiori pretendenti al titolo (certo che chiamare outsider Nadal sembra quasi blasfemo).
Entrambi sono ritornati all’attività durante il recente torneo olimpico, nel quale Delpo è riuscito ad issarsi sino alla medaglia d’argento (con lo scalpo di lusso di Djokovic) mentre un Nadal – che potrebbe sfidare ai quarti Raonic- ai limiti dell’umana fatica, giocando praticamente due partite al giorno ha raggiunto la medaglia d’oro in doppio e quella, non molto nobile a dir la verità, di legno nel singolare.
A Flushing Meadows saranno tutte da vedere le condizioni fisiche dei due giocatori, in particolare per Palito – già atteso a un secondo turno particolarmente complicato con uno Steve Johnson decisamente in palla- match tre su cinque potrebbero essere un ostacolo difficilmente sormontabile.

Pronostici quarti di finale: Djokovic-Cilic, Nadal-Raonic, Del Potro-Kirgios, Nishikori-Murray.

Pure in campo femminile il futuro del tennis USA pare radioso vista l’ascesa soprattutto di Madison Keys e della stellina, classe 1999, Catherine Bellis capace di raggiungere il tabellone principale passando addirittura attraverso le qualificazioni; eppure, tutto il mondo del tennis parla di un’altra americana, una donna che ha fatto e sta facendo la storia di questo sport, ovvero Serena Williams, il Leviatano del tennis femminile.
Nonostante sia reduce da qualche acciacco che le ha compromesso di vincere almeno una medaglia alle Olimpiadi, Serena è l’ovvia favorita del torneo, se non altro vista la possibilità di superare al vertice della classifica all-time dei titolo Slam la grande Steffi Graf; una Williams che torna sul luogo del misfatto, laddove un anno fa si è consumato uno dei più incredibili upset della storia dello sport, quando in semifinale una splendida Roberta Vinci è riuscita a batterla davanti all’incredulità del mondo intero.
Il cammino verso l’alloro Slam numero 23 è tutt’altro che agevole per la numero uno del mondo che inizia subito sfidando l’ostica Makarova, prima di un possibile quarto con una ritrovata Simona Halep.

Dalla parte opposta del tabellone la grande avversaria di quest’anno, ovvero Angelique Kerber sembra inarrestabile -anche se denota qualche fragilità nei turni decisivi dei tornei dove spesso non riesce a esprimere il suo miglior tennis- e se la Williams non raggiungerà la finale sarà la nuova numero uno delle classifiche WTA, anche perdendo al primo turno: uno scenario fino a qualche mese fa totalmente impensabile che rende onore al grande lavoro che la tedesca è riuscita a fare in questi ultimi due anni.

Un periodo, quello recente del tennis in gonnella che ha visto avvicendarsi alle spalle della monolitica Serena gente come Kvitova, Radwanska, Halep che sebbene ancora molto giovani sembrano cedere il passo ad atlete delle nuova generazione tra cui Muguruza, Bencic, Konta, Keys, Kasaktina, Pliskova; proprio l’incostante spagnola può essere la mina vagante del torneo e, accreditata della terza di serie potrebbe opporsi in semifinale al cammino della Kerber, in una sfida che decreterebbe anche la futura numero uno mondiale (nella remota evenienza che Serena perda prima degli ottavi); Muguruza ha avuto in sorteggio il tabellone più complicato, vista la presenza nelle vicinanze di Bencic, Konta, Kuznetsova e Keys anche se la sfida più affascinante potrebbe già arrivare in terzo turno contro la medaglia d’oro olimpica di Portorico Monica Puig, autrice di una settimana assolutamente straordinaria: c’è grande attesa per ciò che potrà fare la giocatrice che ha fatto impazzire di gioia un’intera nazione e sarà interessante vedere se sarà in grado di tornare a giocare sui livelli di Rio, anche se a New York avrà sulle spalle molta pressione in più.

Pronostico quarti di finale: Williams-Halep, Radwanska-Pliskova, Keys-Puig, Vinci-Kerber.

Esattamente un anno fa i colori della bandiera italiana erano ben visibili sull’Arthur Ashe dove, per la prima volta nella storia due giocatrici italiane si contendevano un titolo del Grande Slam; a spuntarla alla fine fu Flavia Pennetta che, al termine del match, dichiarò che quello sarebbe stato l’ultimo della carriera.
Un ritiro, quello di Flavia che ha lasciato un grande vuoto nel tennis italiano, sia maschile che femminile: un vuoto mai colmato durante tutto l’anno dove raramente l’Italia del tennis ha avuto modo di gioire.

Ai prossimi US Open, in campo maschile saranno in cinque a scendere in campo; oltre a Seppi –che potrebbe giocare contro Nadal al secondo turno-, Fognini –qualche turno abbordabile per lui ma si sa, Fabio è capace di tutto in questo senso- e Lorenzi, in tabellone vi saranno anche Fabbiano e Giannessi, bravi a superare la selva delle qualificazioni.

Il tabellone femminile, invece, è sempre più arido delle nostre giocatrici con Knapp, Giorgi, Vinci, Errani e Schiavone a fare da portacolori; se per alcune la strada pare sbarrata sin dall’esordio, Roberta Vinci ha avuto in sorte un sorteggio particolarmente agevole che potrebbe regalargli un quarto di finale entusiasmante contro la Kerber: certo, difficilmente le emozioni dell’anno scorso si verificheranno anche quest’anno ma, chi nel 2015 pensava che Robertina arrivasse in finale sconfiggendo Serena, ponendo fine alla sua rincorsa del Grande Slam?

Impossible is nothing!

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