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Il torneo californiano immerso nella contea del Riverside, trasmesso da SKY TV e da Supertennis, entra nella storia del nostro sito come l’evento che ne ha tenuto il battesimo. In questo debutto abbiamo cercato di aiutare gli appassionati fornendo loro dati sensibili che hanno rimbalzato dall’attualità alle analisi, attraverso il supporto di lavori scientifici. Il tutto sedimentato su fondamenta imprescindibili che corrispondono alle affascinanti e maestose spalle della storia. Pertanto, alla luce dei fatti accaduti, l’atto conclusivo impone il delinearsi del quadro attuale del tennis e dei suoi prossimi possibili scenari.

Nello specifico e in primo luogo, l’evento di Indian Wells ha rappresentato un importante “Stress Test” per l’intero sistema mondiale, strapazzato innanzitutto dal tormentone “doping” che ha travolto Maria Sharapova.

Per motivi totalmente diversi due divi planetari come la Sharapova e Roger Federer, hanno mancato la loro partecipazione a questo primo grande appuntamento post Australian Open. Malgrado la grande capacità organizzativa e la splendida sede del torneo, le due pesanti assenze, sopratutto quella dello svizzero, hanno fatto parzialmente vivere un’atmosfera malinconica che anticipa una prospettiva con la quale il tennis dovrà presto o tardi fare i conti. Senza Federer in campo, capire quanto l’indice di “PIL” sia stato scosso in relazione all’affluenza di pubblico, di ascolti tv, di diffusione mediatica, ecc., è un dato fondamentale da raccogliere e su cui riflettere. Come è noto, la presenza di autorevoli “testimoni” aiuta la vendita di molti prodotti in qualunque mercato, mascherandone spesso difetti e inefficienze.

La provvidenza, però, ha regalato per lungo tempo al tennis un campione che va ben oltre la figura del testimonial. Una personalità che solo con la sua presenza ha riempito stadi, pagine di giornali e di trasmissioni televisive, facendo vendere il prodotto tennis in modo semplice e immediato a molti. Roger Federer, attraverso le sue gesta, ha la capacità straordinaria di riassumere su di se l’intera storia del gioco, fermando il decorso del tempo. Ciò nonostante, malgrado questa fenomenologia preziosa, unica e irripetibile, il tennis continuerà nella sua evoluzione anche dopo Federer. Il gioco sportivo individuale più bello del mondo è sempre sopravvissuto ai suoi immensi campioni e così sarà ancora nel prossimo futuro. La sola differenza con lo stato attuale di cose consiste però nel sospetto che il prodotto tennis non potrà più essere venduto con dinamiche liquide, per dirla alla Bauman. Per questa ragione la raccolta dati prodotta dal torneo di Indian Wells, neo stella polare del tennis, risulterà fondamentale per orientare la futura “Road Map” del settore.


Altri aspetti ancora e di sensibile rilevanza hanno preso forma durante questa edizione del torneo californiano fornendo attendibili prospettive. Per motivi di sintesi ne specifico solo tre. La prima fra queste riguarda il tanto atteso rilancio della specialità del doppio che già dai primi turni ha fatto registrare il tutto esaurito. In particolare quando sono scesi in campo nei rispettivi incontri assi della racchetta come Andy Murray e Rafael Nadal. Un torneo poi vinto dalla coppia francese composta dal veterano Mahut e dal giovane Herbert. Vero è, ad onor di cronaca, che l’interesse dei giocatori quest’anno è provare qualche incontro di doppio in ottica olimpica. Del resto, credo che i campioni si siano convinti a giocare in doppio in California soprattutto grazie agli inviti del proprietario dell’evento, il miliardario americano Larry Ellison, CEO di Oracle Corporation. Questo fatto dimostra che se esistono volontà e capacità manageriali la specialità del doppio può tornare ad essere un pianeta abitato come un tempo. Personalmente suggerisco di coinvolgere Roger Federer al progetto, non appena lo svizzero deciderà di mollare col singolare. Potrebbe essere l’idea per rilanciare definitivamente la specialità e far svolgere a Roger il ruolo di magnifico ambasciatore del gioco. Inoltre, con la passione che l’elvetico nutre da sempre per il suo sport chissà se a fine carriera non desideri vincere anche qualche titolo slam per l’appunto in doppio.

La seconda prospettiva riguarda invece le nuove leve, i giovani che lasciano intravedere nuovi panorami. In ambito femminile, oltre alla fenomenale teenager Belinda Bencic già ottava della classifica WTA, il torneo di Indian Wells ha lanciato la stella di un’altra ragazzina terribile non ancora diciannovenne, la russa Daria Kasatkina. A rimorchio si attendono i rientri ai vertici dell’avvenente canadese Eugenie Bouchard e della bombardiera ventenne americana Madison Keys. Oltre a queste prossime campionesse altro ancora bolle in pentola tra le donne, e senza dimenticare le già accreditate e giovani Muguruza e Svitolina, il discorso tennis in gonnella merita un prossimo appuntamento su questo sito completamente dedicato.

Passando in ambito maschile, oltre alle interessanti leve australiane e americane tra cui il diciottenne afroamericano Tiafoe, l’evento californiano ha fatto risplendere il talento del giovanissimo tedesco Alexander Zverev. Il diciottenne teutonico di origine russa ha mancato di una volèe l’accesso ai quarti di finale e lo scalpo di Rafael Nadal. Mentre, l’atteso australiano Nick Kyrgios lisciando il colpo nella Contea del Riverside, ha permesso ad altri giovani come Thiem, Coric, Tomic, di mettersi in mostra. Giovani che iniziano a dare segni concreti di continuità, passando sempre oltre ai primi turni a livello di Master 1000. Si tratta dunque di possibili grandi giocatori, probabili futuri top ten. Tuttavia, se la domanda del lettore dovesse essere se tra i giovani emergenti si cela il nuovo Federer, allora rispondo che il rischio è di aspettare Godot.

La terza ed ultima visuale riguarda brevemente gli orizzonti del tennis azzurro e senza timor di passar per “Cassandra” non posso che esprimere forte preoccupazione. Dopo il ritiro di Flavia Pennetta l’ottima Vinci e il gagliardo Seppi, nella speranza che Errani e Fognini continuino ad essere competitivi, da soli non possono bastare a ribadire i risultati azzurri degli ultimi anni. Inoltre, il timore che Camila Giorgi non arrivi mai a maturazione si sta rivelando un’eventualità che col passare del tempo si fa sempre più manifesta. Un fatto che lascia gli appassionati non solo con l’amaro in bocca, ma ancor peggio col fiato sospeso, se si guarda alle retrovie, ai rincalzi. Ricambi che in campo maschile dopo l’acuto romano di Matteo Donati di dieci mesi or sono, si sono inabissati. Forse per questo motivo bisogna riunire forze e competenze per favorire un progetto di rilancio che guardi in avanti perché anche secondo la filosofia più alta “se guardi indietro nell’abisso poi l’abisso guarda a te” (F. Nietzsche).

Voltando pagina, non resta ora che parlare delle due finali, maschile e femminile, senza spendere troppe parole già dette o che si prevede vengano ovunque riportate. Pertanto, in principio va detto che i rispettivi numeri uno del mondo sono arrivati in finale senza brillare in modo particolare. Un fatto che determina una sorta di “assedio”, soprattutto da parte di Djokovic, che minaccia l’incertezza del risultato, quindi delle emozioni. Un elemento importante che fa pensare, perché se viene meno il magico supporto dell’emozione diviene imprescindibile attivare quello, seppur maggiormente impegnativo, della cognizione. Un passaggio che premette cambiamenti epocali in termini di approccio commerciale e nella diffusione del tennis al pubblico.

Ebbene, tra le due finali la prima ha visto scendere in campo le signore, dove Serena Williams ha evidenziato ancora delle difficoltà nel tagliare il traguardo. L’americana negli ultimi quattro tornei giocati (US Open, Hopman Cup, Australian Open, Indian Wells) è sempre uscita sconfitta. Il fatto, poi, che Vika Azarenka sia tornata perentoriamente alla vittoria in un Premier Mandatory a Indian Wells a spese dell'americana, a quattro anni dall’ultima di Pechino, rilancia una rivalità vera quanto attesa. Un fatto a mio parere positivo perché eviterà alla Williams di addormentarsi in campo come spesso le accade. Per intenderci, il segnale per Serena oggi è chiaro: se non è vigile e in buono stato di forma perde e questo aspetto, mi sia consentito, è un fattore positivo per il tennis femminile. 

Infine, non appena è iniziata la contesa maschile tra Novak Djokovic e Milos Raonic si è subito capito lo spartito e il genere musicale che avrebbe preso corpo. Il canadese dal servizio supersonico che fino alla finale ha dovuto affrontare solo nove palle break nel torneo, è stato messo al tappeto fin dal debutto da un doppio break in apertura del serbo. Il canadese è stato immediatamente relegato al ruolo di inseguitore ed a rincorrere alla risorsa della risposta. Inoltre, i propositi della vigilia riversati sulla strategia di una assidua presa della rete sono presto evaporati, di volèe se ne sono viste pochine. Vero è che il canadese è migliorato sensibilmente nel gioco da fondocampo, peccato sia un fattore che contro Novak conti come il due di spade quando la briscola è bastoni. Del resto, nel decorso della partita Raonic ha evidenziato problemi alla schiena usufruendo del supporto del fisioterapista. Una limitazione che comunque permetteva al povero Milos di servire comunque prime palle ad oltre 210 Km/h, un fatto che lascia pensare.

Tuttavia fa riflettere il dominio totale di Djokovic che pare usare l’intercalare degli incontri nei tornei per trovare, strada facendo, l’equilibrio perfetto da esibire all’occorrenza nelle situazioni che contano. In conclusione, nell’attesa che all’orizzonte si manifesti un campione capace di appannare i pensieri del campione del mondo, penso che in questo 2016 le sole insidie per Novak possano annidarsi nei meandri di un calendario fitto di impegni, dove oltre ai consueti appuntamenti si aggiungeranno i Giochi Olimpici. La palla è ora in mano a Djokovic, alla sua capacità di sapersi dosare senza farsi ingolosire, per provare a compiere un’impresa che mai nessun uomo è riuscito a compiere, quella della conquista del Golden Slam (i quattro Mayor più le Olimpiadi). Una prodezza che nell’intera storia del gioco porta la firma (1988) di una sola formidabile leggendaria campionessa che risponde al nome di Stefanie Marie Graf.

 

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