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L’establishment è in crisi.

L’anno appena trascorso ha acuito questa sensazione che ormai da tempo si paventava o, forse, si sperava. No, non parliamo in questa sede di Brexit, dell’elezione di Trump o dell’ascesa dei populismi europei: atteniamoci al copione e discutiamo in queste righe di tennis, del tennis di un futuro prossimo e perché no, del tennis che ci accompagnerà negli anni a venire.

La crisi dell’establishment tennistico è ben esemplificato dal crollo del bipolarismo Rogeriano e Rafaeliano, una diade che per più di dieci anni aveva regnato in modo incontrastato nel mondo della racchetta. Alla diade, in anni più recenti, si è aggiunto anche il giovanotto di Belgrado, Nole Djokovic e, saltuariamente partecipava all’illustre convitto pure lo scozzese più popolare dai tempi di Sean Connery, Andy Murray.
Per dare qualche numero che corrobori quanto detto circa il dominio dei giocatori menzionati negli ultimi dieci anni, basti ricordare che in tale arco di tempo i Fab four sono riusciti nell’impresa di conquistare la bellezza di 35 tornei del Grande Slam sui 40 disponibili, un vero e proprio oligopolio.

Ciononostante, i segni del tempo e del logorio fisico si fanno sentire anche sul corpo di due apparenti immortali come Federer (35 anni) e Nadal (che calca da protagonista il circuito dall’età di 16 anni): il primo non vince uno Slam da Wimbledon 2012 mentre il secondo dal Roland Garros 2014. Roger ha addirittura dovuto subire l’onta di dover abbandonare la top ten mondiale dopo 14 anni.
Forse è ancora presto per il de pofundis definitivo, ma sembra mancare poco tempo affinché ciò accada. Anche Djokovic non se la passa troppo bene negli ultimi tempi: giocando una seconda parte di stagione – per i suoi standard – disastrosa: Nole ha perso lo scettro di numero uno e, forse, la solita imperturbabilità emozionale e, quindi, agonistica che gli permetteva di dominare psicologicamente prima ancora che strategicamente l’avversario. A giovare di tutto ciò è stato Murray che ha saputo inserirsi nel vuoto lasciato dagli altri campioni: con merito beninteso, ma in una quasi assenza di antagonisti attendibili e competitivi.

L’instabilità politica nei vertici del tennis maschile sembra, tuttavia, cristallizzata: un’instabilità fissa se gradite gli ossimori. Infatti, almeno tra i tennisti più in auge, non si riescono a scorgere, per il momento, giocatori in grado di sobbarcarsi l’eredità dei fuoriclasse di cui si diceva in apertura: tra i primi dieci sono presenti sei giocatori sopra i 29 anni, con il solo Thiem sotto i 25 anni. Insomma, una top ten “anziana” per un tennis che sembra attendere da qualche tempo un ricambio generazionale che fatica ad arrivare.

Ma chi fa parte di questo ricambio generazionale tanto invocato e proclamato? Chi sono le nuove leve del tennis che si stanno affacciando al tennis dei “grandi”? Chi saranno i campioni di domani?

Al fine di rispondere a queste domande e per provare a vedere che cosa ha in serbo il futuro del tennis, abbiamo indagato nel sommerso – e talvolta torbido – mondo degli Under 20; un mondo fatto di tornei Junior, di Futures sparsi in ogni angolo del pianeta, di accademie dove i giocatori vengono prodotti in serie, come nelle fabbriche più efficienti ed efficaci.

La ricerca

In base alla classifica di fine 2016, abbiamo ricercato e analizzato i migliori giocatori Under 20, dividendo i risultati in tre categorie corrispondenti all’anno di nascita degli atleti: tennisti del 1997, del 1998 e, infine delle annate 1999-2000. Per rendere la ricerca maggiormente raffinata sono state individuate date di nascita, nazione d’appartenenza (tra giocatori, infatti, vi sono alcune discrepanze tra nazione d’origine e cittadinanza attuale e come riferimento è stato privilegiato, appunto, il secondo parametro in questione), lateralità, altezza e, infine, la posizione del ranking ATP occupata al termine del 2016.
I risultati di questa classificazione sono riportati nelle tre tabelle seguenti (dati di tennisabstract.com).

 

Tabella 1. Primi 10 giocatori del ranking ATP nati nel 1997 al termine della stagione 2016

 

Tabella 2. Primi 10 giocatori del Ranking ATP nati nel 1998 al termine della stagione 2016

 

Tabella 3. Primi 7 giocatori del Ranking ATP nati dal 1999 in poi al termine della stagione 2016

 

Panoramica generale

I dati che abbiamo raccolto, sintetizzati nelle tabelle proposte, offrono uno spaccato della situazione del tennis maschile mondiale under 20: l’élite dei teenager della racchetta è racchiusa tra queste colonne e, forse, proprio tra gli atleti di cui parleremo in seguito saranno presenti i futuri protagonisti dello sport individuale più praticato e seguito al mondo.
Prima di iniziare con un’analisi dettagliata dei campioncini in erba è necessario porre alcune delimitazioni allo studio che non ha la presunzione di individuare chi sarà il prossimo dominatore del circuito maschile e nemmeno chi sicuramente si aggiudicherà tornei degli Slam: ciò che proponiamo è una panoramica sui giovani più promettenti dell’intero circuito, sui ragazzi da tenere d’occhio nel 2017 e negli anni che verranno. Non ci interessa fare inutili speculazioni e previsioni alla Nostradamus per intenderci: ci atterremo ai fatti riscontrati e ai dati oggetto della nostra indagine, "hypoteses non fingo" direbbe Isaac Newton.
Innanzitutto è facilmente notabile come vi siano solamente due under 20 tra i primi 100 giocatori del mondo; una situazione che ormai sta diventando abitudinaria nel circuito maschile: l’ultima volta che più di due tennisti non ancora ventenni si erano stabilizzati nella top 100 ricorreva l’anno 2007, esattamente un decennio fa.

Sempre osservando il ranking, la media del ranking per i tennisti del 1997 è 194, per quelli del 1998 è 276 e per quelli del 1999-2000 è 594,5. Tutto normale diranno i più attenti, visto che le differenze in termini di età e di esperienza sono rilevanti. Tralasciando i più giovani, se confrontiamo i giocatori del 1997 a 19 anni (ovvero a fine 2015) con gli attuali diciannovenni (ovvero i ’98 a fine 2016) constatiamo come le cose stiano in modi profondamente diversi: la media del ranking a fine 2015 dei giocatori del ’97 infatti era addirittura 491,7 contro l’attuale media di 276 per i ’98, una differenza abissale. Ciò mostra indubitabilmente come la classe del ’98 sia di qualità nettamente superiore a quella di un anno in più e sarà interessante vedere come essi affronteranno la loro prima stagione interamente nel circuito professionistico, quindi senza la possibilità di partecipare ancora ai tornei juniores.

Detto del ranking, ma entreremo più nel dettaglio con la seconda parte dell’articolo, una riflessione necessaria lo merita il nuovo assetto che si delinea all’interno della geopolitica del tennis. Tra i 27 giocatori selezionati, i migliori delle rispettive età, vi sono ben 6 giocatori americani, 3 australiani, 3 canadesi e 3 tedeschi. Una situazione, quella delineata, che non riguarda esclusivamente l’aspetto puramente tennistico ma coinvolge la sfera politico-sociale del paese, la promozione sociale, il welfare ecc. Non è un caso, infatti che le due nazioni che investono maggiormente nello sport in termini economici e sociali, ovvero Australia e Canada, siano ai vertici anche nel tennis giovanile; certamente non è detto che tutti questi giovani, magari neppure uno, diventino dei campioni: ma questo non ci importa al momento. Ciò che bisogna mettere in risalto è come queste nazioni abbiano sviluppato dei programmi efficaci e delle strutture adatte, permettendo ai ragazzi di svolgere al meglio il proprio sport e di portare lustro al proprio paese. Tra questi giovani magari non ci sarà il fuoriclasse ma, statene certi, ci saranno tennisti di cui sentiremo abbondantemente parlare nei prossimi anni: e questo si chiama programmazione, organizzazione e valorizzazione.

Parlando di programmazione come può non venire alla mente la florida (sigh) situazione del tennis italiano – anche in questo caso scusateci per l’ossimoro...
Il «Successo che non ha eguali» del presidente Binaghi è delineato dalla presenza di soli due giocatori del ’97 in classifica – che peraltro occupano posizioni decisamente distanti dai coetanei, numero 484 Pellegrino e 729 Ocleppo – e di un solo giocatore del ’98, Moroni, numero 820. Insomma nonostante le parole del presidente la situazione non è delle più rosee – però in Italia i tesseramenti sono aumentati...

Dopo questa panoramica generale, rimane un’ultima questione da affrontare riguardo al tennis del futuro: in che direzione sta andando il Gioco? Una domanda cui non è facile rispondere, essendo il tennis uno sport quasi esclusivamente individuale e quindi soggetto alle innumerevoli singolarità e peculiarità di ciascun giocatore. Tuttavia, osservando le tabelle che abbiamo proposto possiamo notare come il tennis stia diventando un gioco sempre più omologato: giocatori con caratteristiche simili che attuano strategie simili, in un circuito dove l’uniformità delle superfici e delle palle è sempre più radicata.

I giovani tennisti non fanno eccezione, anzi magnificano tali assunzioni.
L’altezza media dei 27 giocatori oggetto della ricerca (anche se mancano i dati di 4 tennisti under 18) è di 186,1 cm; un dato che sale a 191,2 se consideriamo solamente i giocatori del 1997, coloro i quali hanno pressoché ultimato il loro sviluppo fisico. I dati in nostro possesso mostrano come nell’arco di trent’anni, dal 1986 al 2016, l’altezza media dei migliori under 20 sia incrementata di 8,9 cm, una differenza che ben esemplifica le profonde diversità tra il tennis del passato e quello moderno.

Altre constatazioni a favore della tesi di un’omologazione de Gioco è riscontrabile nella lateralità dei giocatori: nel campione analizzato formato da 27 giocatori, solamente 2 sono mancini (7,5%) e 3 utilizzano il rovescio a una mano (11,1%). Non solo, dunque, vi è uniformità di caratteristiche fisiche tra i giocatori ma vi è pure una maggiore uniformità in fatto di caratteristiche tecniche e, quindi, di gioco.
Il tennis, come anticipato, si sta muovendo in una direzione bene precisa, quella dell’omologazione, come abbiamo ripetuto più volte. Una situazione cui non ci sentiamo di dare giudizi di valore; tuttavia, è necessario prenderne atto, riconoscere i dati di fatto che incontrovertibilmente si palesano davanti ai nostri occhi di appassionati ed esperti: il tutto con la speranza di dar vita ad un dibattito costruttivo che ponga al centro la salvaguardia del nostro sport, la sua proliferazione ed il suo progresso.

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